sabato 26 maggio 2012


Recensione di Raffaella Belvedere.

Crudi, tristi, intrisi di rabbia e delusione…i racconti di Klem che mi hanno accompagnata in questo periodo hanno distolto il mio sguardo dalle postadolescenti romanticherie che troppo spesso mi hanno illusa nonostante il mio sempre più asettico background attuale. Le commedie moderne e i romanzi del passato alimentano passioni e sogni che non sempre  trovano riscontro nella vita quotidiana; le fredde notizie al telegiornale e gli obiettivi dati dei continui sondaggi lasciano il tempo che trovano nella sempre più labile attenzione di una società atterrita da problemi economici e denudata di quegli interessi politico-culturali che nei decenni passati hanno aleggiato nelle menti di intere generazioni. In quest’ottica si inserisce il recondito senso di questo intenso libro che lascia un segno indelebile in colui che legge, segnando i sentimenti e lacerando gli animi grazie al duro incontro con la realtà. Ho cercato un lieto fine al termine di ogni racconto ma mi sono dovuta convincere che “le favole non esistono”, nonostante quanto cita il titolo di una delle storie narrate. Donne mediorientali vittime di lapidazioni, rinnegate dal proprio sangue per scelte d’amore non condivise da una bigotta e stupida cultura, ragazze private della cosa più cara che la natura abbia donato loro dalla veemenza di uomini senza scrupolo, incapaci di amare e indegni di essere amati, fanciulle che, nonostante il coraggio di prendere in mano la propria vita, devono troppo spesso fare i conti con una società che fa solo finta di andare avanti ed invece continua a relegare in secondo ordine “il sesso debole”…troppi sono gli esempi che possono essere riportati e che Klem riporta nella sua antropologica raccolta.

Le protagoniste di Klem mi sono rimaste dentro, la destrezza della penna dello scrittore mi ha permesso di condividere con loro gli indelebili dolori, le vane gioie, le effimere allegrie. Da Lusìa della mitologica Sicilia, a Florina della Roma clericale, dalla senese Chiara all’esuberante Giuseppina, passando per le fatiche di Lara,  e di Giulia vinta dalla sua esistenza ingiusta non solo nell’animo ma anche nel corpo…tante sono le figure femminili che si sono avvicendate sulle pagine di questa raccolta e nella mia mente, figure di donne vissute in tempi e luoghi diversi eppure accomunate da un unico triste destino che poche volte ha lasciato spazio ad un barlume di speranza che qualcosa possa cambiare. Non mi sento di rinnegare la commozione che ho cercato di nascondere dietro i vetri scuri degli occhiali, in autobus, alla morte della piccola Alina privata di una fanciullezza gioiosa e sconquassata nell’animo e nel corpo…pensare che questa è la realtà, lontano da qualsiasi fantasiosa e rosea visione; mi ha lasciato senza respiro, mi sono sentita perfondere di un’inconsapevole tristezza che mi ha accompagnata per tutta la giornata e mi ha permesso di riflettere su quello che ci circonda e ci guarda dall’ombra, nascosto dai bagliori luccicanti della vita che crediamo essere un qualcosa di dovuto ed intoccabile, dando per scontato tutto quello che abbiamo, preoccupati di tenercelo stretto e irritati dal sol pensiero di condivisione. Posso dire a gran voce che non solo il morale ha risentito del destino dei personaggi a cui Klem ha dato vita nel suo libro, anche la mia sete di conoscenza ha ottenuto pane per i suoi denti, grazie ai cenni che l’autore fa alla mitologia e alla storia, descrivendo con dovizia di particolari i popoli che si sono avvicendati nei territori che fanno da sfondo alle storie; ha spesso citato con superlativa padronanza nomi di figure tipiche di culture mediorientali permettendomi di aprire i miei orizzonti a mondi che non credevo potessero davvero affascinarmi nonostante le mille cose che andrebbero cambiate. Tutto questo a testimonianza dell’impegno profuso dall’autore desideroso di farci condividere con lui ciò che ha appreso nelle sue ricerche e decide di “sbatterci in faccia” una straziante realtà con tutto il suo orrore. Mi sento dunque di ringraziare Klem per avermi aperto gli occhi permettendomi di svincolarmi da fatui sogni e aprire gli occhi verso fatti e persone reali che mal si sposano con ciò che vorremmo far loro essere ma che SONO.