venerdì 30 ottobre 2009

RANDAGIO (tratto dalla raccolta "lamia strada aveva l'orizzonte come limite" edita da akkuaria


RANDAGIO


Sono giorni che sei fermo
sul bordo di quella strada di periferia.
Inutilmente stai aspettando: non torneranno!
Il cucciolo – che sembrava un peluche –
è cresciuto ed il gioco è finito
con quel giocattolo, diventato
fastidioso e ingombrante.

Ed ora non fai altro che guardare
le auto sfrecciare, sperando
che ritorneranno a prenderti.

Vai incontro alle auto in corsa
– abbaiando felice – credendo
che siano i tuoi padroni e per fortuna
ti sei fermato in tempo
non trasformando chi incauto
e cinico ti ha abbandonato
in un assassino.

Lo stupore di esser tradito
da chi tanto amavi
è sparito dai tuoi umidi occhi.
Ciò che adesso si legge è la paura.
Nient’altro che la paura.

Non riesci a pensare che a loro
mentre smarrito vaghi senza mèta.
Gli stessi che – con uno spietato inganno –
ti hanno lasciato scendere dall’auto
mentre tu gioioso ti divertivi a saltellare
non t’hanno aspettato come hann sempre fatto.

La tua folle e disperata corsa
per cercare di raggiungerli è stata vana
e inutilmente hai guaito
sperando di smuovere
i loro duri e gelidi cuori.
Non è servito a nulla:
ti hanno abbandonato!

E tu non conosci che loro
– non ami che loro – e guardi
inorridito la gente per strada
che, chi spaventato, chi arrabbiato,
urlano e inveiscono
contro di te terrorizzandoti.

Non capiscono
che sei poco più di un cucciolo
con tanta voglia di giocare?
E se pur ringhi contro di loro
è per nascondere la tua paura;
la tua enorme paura
di sentirsi un randagio.

Eri l’orgoglio dei tuoi padroni
che si vantavano della tua razza pura
e ti nutrivano con cibi prelibati
lasciandoti adesso
a rovistare nella spazzatura
e a compiangerti addosso
per la vita perduta.

Sei di razza pura
ma hai avuto la sfortuna
di trovar padroni bastardi
ed ora la tua mole
così apprezzata una volta
ti ha condotto
in questa umida gabbia
che ti lascerà andare
solo per la fatale siringa.
E forse tu non chiedi di meglio.
Non vuoi più vivere
tra questi ibridi a due gambe
che ripagano il tuo amore
rendendoti randagio.

mercoledì 28 ottobre 2009

SUSSURRI tratta dalla raccolta edita da Akkuaria "la mia strda aveva l'orizzonte come limite


SUSSURRI


Che silenzio… che pace
in questa notte inquieta.
Mi giro come un ossesso
tra le lenzuola stufe
della mia agitata insonnia,
che vorrebbero sparire
e abbandonarmi
ai tormentati incubi.

Mi affaccio alla finestra
seccato e disperato
e fisso la scura notte
facendomi avvolgere
dal suo ovattato silenzio.

Quanti sussurri in questo silenzio.
Sussurri di gente che discreta
non vuol disturbare.
Soffrono tacitamente
e sussurrano alla comprensiva notte
il proprio dolore.

– L’intimo dolore… –
Quello che non si vede,
quello che non si dice
se non al silenzio della notte.
Della complice notte.

Poco lontano la ragazzina
appoggiata al lampione
fissa una stella.
– Chissà… forse sogna. –
Sogna che qualcosa accada.
Qualsiasi cosa purché possa
cambiare la sua triste esistenza.
Con le lacrime a inumidire
gli infantili occhi, offuscati
da una spessa coltre di tristezza
troppo presto imbrattati
dal peso del trucco intenso
sommessa, sussurra a quella stella…
– La sua stella! –
La stessa che fino ad ora
non l’ha mai ascoltata eppure
lei fiduciosa insiste raccontandole
con una vocina fioca... le sue paure.
– La sua vergogna. –

Chissà se il prossimo cliente leggerà
nei suoi occhi il disperato appello.
Chissà se n'avrà pietà
oppure pretenderà la sua compiacenza.

Intanto i suoi angosciosi sussurri
si sono uniti ai tanti altri
e insieme viaggiano
sulle ali delle tenebre,
entrandomi fin dentro l’anima
e rendendo questa intima notte
in una tetra notte.

martedì 27 ottobre 2009

NOTTE FREDDA (tratta dalla raccolta la mia strada aveva l'orizzonte come limite)


NOTTE FREDDA


Un lampione rischiara
questo vicolo sperduto,
e come ogni sera
si legge il copione
scritto per chi
alle bugie ha creduto.

Sei nata solo ieri
– e invece di giocare –
fai la donna per mestiere.

Notte fredda – notte oscura –
sei sola tu e la paura.
Ti fai coraggio
stringendo le braccia
ma nessuno vuol capire
perché stai lì come chi
non si può salvare.
Non si vuol salvare.

Nascondi gli occhi umidi
per questa vita che ti ha deluso
e bagni la strada
con lacrime di paura
mentre con una vocina
preghi e dici:
“Salvami madre mia”.

lunedì 26 ottobre 2009

AMORE VIRTUALE (tratta dalla raccolta edita da Akkuaria: la mia strada aveva l'orizzonte com limite)


AMORE VIRTUALE


Lo stupido litigio
attraverso il freddo monitor
ci ha lasciati esausti e disperati.

Aspre parole
amplificate dalla lontananza
dove il profumo della pelle
è solo una sensazione
e la furia non viene mitigata
dal calore dei nostri occhi.

Per un futile equivoco
si è spezzato quel magico
filo che ci teneva uniti
e niente potrà ricongiungerlo
in questa virtualità
dove solo le illusioni
non bastano a mantenere
vivo un sentimento nato
dalle nostre emozioni.

sabato 24 ottobre 2009

MARZO


MARZO

Marzo non ti smentisci mai: variabile, suscettibile, pazzo per antonomasia. Nei tuoi folli giorni ho trovato l’amore, la passione, la gioia di vivere; nelle tue mistiche notti ho conosciuto la disperazione, l’angoscia, la morte…
Marzo, le tue idi sono create per soffrire. Il rinnovato tepore dà l’illusione di una rinascita - ma trami nuovi sgomenti – e, dalla più intensa sensazione di piacere, porti chi crede in te alla soglia del baratro, alla soglia della follia. Senza vie di mezzo, amante delle passioni forti, mi innalzi per poi distruggermi; mi porti l’amore ma imprevedibile mi inondi di dolore.
A te, marzo, ergo l’altare della vita; a te, porgo la palma della sofferenza.
A te: figlio di Venere con Saturno in agguato, che hai cono-sciuto la mia gioia per poi assaporare il mio sangue, a te marzo, oggi burrascoso e gelido come ieri caldo e gioioso, regalo la mia ultima ora di angoscia, come è giusto che sia.
Mi hai reso grande solo per aumentare la polvere nella mia caduta; con dispetto mi hai tolto quello che mi hai donato, e io, con odio e rancore, ti restituisco parte della mia afflizione, aspet-tando te per morire…

venerdì 23 ottobre 2009

AZZURRO FIORE - contro la pedofilia in tutte le sue forme -


AZZURRO FIORE

Piangi piccolo, piangi.
sfogati senza vergognarti:
altri debbono farlo.
Quegl’altri che,
approfittando dell’indifferenza,
hanno abusato di te.

Piangi.
piangi azzurro fiore,
pregiato fiore.
Più tu piangi,
più io piango,
pensando a ciò
che t’hanno fatto.
E più ci penso,
più il mio odio cresce.

Vedrai,
un giorno riuscirò
a vendicarti.
Anche se servirà
solo per gli altri fiori
che colorano questo prato.
Non per te…
Per te è troppo tardi
e la tua anima
è stata devastata per sempre.

Sei stato troppo ingenuo,
troppo puro per capire
che dietro quel sorriso
si nascondeva l’orrore
più oscuro
che ti ha distrutto
i giovani petali
solo ieri sbocciati.
Ed ora,
anche se il sole
brilla alto in cielo,
spandendo i suoi raggi
su questo mondo ignobile
che non merita
un’anima pura,
in te è scesa la notte,
la gelida notte.

giovedì 22 ottobre 2009

STELLA


STELLA

Guardi una stella
brillare lontano;
sola, nel buio
dove tutto scompare.

Strano stasera:
sembra tremare!
E, se chiudi gli occhi,
la sentirai pregare.

Il suo alone
ti illumina il volto,
quasi volesse,
con una carezza,
chiudere le porte
all’amarezza.

Cuore infranto
nella notte oscura,
dove piangono
le anime pure;
solo una stella
sembra capire
il tuo desiderio
di porre fine
all’angoscia
che provi.
Sei una stella!
Quanto sei bella!
E, se non hai una sorella
per confidarle
il tuo tormento,
alza gli occhi al cielo
e guarda come splende
la solitaria stella.
Mai come stanotte
è stata così bella.

martedì 20 ottobre 2009

SCUSA (tratta dalla raccolta "la mia strada aveva l'orizzonte com limite"


SCUSA


Perché non rispondi?
Ti costa tanto ascoltare
chi ti dice che in amore
si può sbagliare?
Lo so che è colpa mia!
Non sono perfetto,
ma neanche una bestia
che non merita perdono.
Non merita di dirti: scusa…

Scusa amor mio, stai pagando
per aver creduto in un sogno non tuo.
Hai chiuso gli occhi
prendendo la mano
di un uomo che ti ha deluso.

E adesso che vorrei dire
che senza di te preferisco morire,
mi chiudi la porta in faccia
e non permetti alle mie braccia
di creare uno scudo d’amore
con cui sconfiggere anche il dolore.

Ti prego rispondi!
Non lasciarmi con il tormento
che mi provoca il tuo telefonino spento.

Soffro già troppo per aver pensato
di cambiare il destino senza riflettere
che fossi tu a soffrire
per quest’assurda fantasia.
E il tuo silenzio aumenta
le fiamme del rimorso e mi nega
il lieve sollievo che mi darebbe
nel chiederti scusa…

AMORE DISPERATO(tratto dalla raccolta "la mia strada aveva l'orizzonte come limite"


AMORE DISPERATO


Il vento di ponente
ti scompiglia i capelli
e vorrebbe destarti
dal muto torpore.
– Ma tu –
perduta nel tuo dolore
guardi assente
il lontano orizzonte
e rifiuti che il tempo
conforti la tua mente.

Una tremula lacrima
straripa dall’immenso mare
e specchia la tua anima
devastata da passioni amare.

Scivola lenta
sul tuo pallido viso
lasciandosi dietro
una scia di dolore
e si posa sulle labbra
come un tenero bacio
dall’acre sapore.

Assapori esausta
l’umida sembianza
di sensuale tepore
con la gola stretta
e una fitta al cuore
per colpa dell’angoscia
che provi al ricordo
del tuo grande amore
così dolce…
Così disperato.

lunedì 19 ottobre 2009

NON DIR NIENTE - tratta dalla raccolta "la mia strada aveva l'orizzonte come limite" edito da akkuaria editrice


NON DIR NIENTE


Guardi stupita
l’anonimo passante
che – stanco –
si trascina per strada
con lo sguardo smarrito
nell’immenso vuoto,
e ti è difficile credere
che sia io quell’uomo.

L’uomo
che si credeva grande
che si credeva forte
con te al suo fianco.

Invece non era altro
che l’ingannevole apparenza
che circuisce le menti di chi stolto
non vede oltre la potenza dei suoi sensi.

Il ridicolo è che proprio tu
mi chieda perché io sia ridotto così!
Proprio tu che mi hai rubato l’anima
facendomi smarrire
nell’azzurro dei tuoi occhi:
innalzandomi nelle grandiose sfere
della terrena onnipotenza
per poi lasciarmi sfracellare
sul duro suolo della tua reale consistenza.

No, non dir niente!

Non diresti altro che mere ipocrisie
per giustificare il tuo vacuo atteggiamento.
Ascoltami invece... Ascolta cosa voglio dirti:
ridammi l’anima!
Ridammi l’anima
per quel che vale
– per quel che resta. –

Vestale di un dio infame
scendi dal tetro altare
di questo tempio di menzogna
eretto da chi – come me –
per sé stessi han vergogna.

Scendi e fatti guardare negli occhi.
Fa che io legga la mia stupidità
nelle tue gelide iridi
e abbia l’ulteriore conferma
dell’errore commesso
perdendomi nella tua aura
fecondatrice di inganni.
Destando una buona volta
la mia occultata ragione
che opprime il mio essere
stanco di vagare nell’oscura pazzia
e svegliarsi nella tormentosa notte
con l’impalpabile inconsistenza
della tua pelle sotto le dita.

Squallida visione
di un amore perduto,
di un amore mai avuto,
che non lascia altra scia
se non l’amara bocca
impastata dalla delusione
per averti conosciuta e amata
per un così breve istante.

Magro guadagno
per una vita smarrita
dietro l’assurda illusione
di poterti dire: sei mia!

PAGLIACCI - tratta dalla raccolta "la mia strada aveva l'orizzonte come limite" edita da akkuaria editrice


PAGLIACCI


Cala il sipario,
la buffa commedia è finita.Chissà se qualcuno abbia riso.Noi due no!Noi – interpreti
di questo stupido copione –scritto da qualche sadico scrittorenon potevamo ridere…E non possiamo neppure piangere perché non si piange
per una commedia buffa:la commedia della nostra vita.Anche se ti resta solo
la morte dentro il cuoree tanta voglia di chiudere
gli occhi e farla finita.Ma è solo una commedia – pure buffa e non si può morire per questo;meglio calare il sipario.
Abbiamo fatto il possibile per entusiasmare questo pubblico palesando tutti i nostri difetti
e almeno loro, spero
si siano divertiti.

sabato 17 ottobre 2009

FRAMMENTI DI VITA http://www.youtube.com/watch?v=A4r-hT61ytw


FRAMMENTI DI VITA
DISPERSI FRA RACCONTI,LETTERE E POESIE

(Raccolta inedita)PREFAZIONEDiventare all’improvviso spettatore della propria esistenza.Sarà strano, ma mi è accaduto proprio così. E senza neppure sapere perché. Perché proprio a me! La mattina mi sono svegliato libero, amato, felice, e di sera non vivevo più la vita come l’avevo vissuta fino ad allora, ma chiuso dentro una fredda e umida cella, mi vedevo vivere come se fossi sul bordo di un burrone e guardassi giù il mio corpo gemere, soffrire. E la rabbia più grande era di non poter far nulla per impe-dirlo nonostante ci provassi con tutte le mie forze. Ma le catene erano indistruttibili, e più le tendevo, più esse mi dilaniavano le carni; mi distruggevano la mente; mi uccidevano l’anima. Non vivevo più, ma viaggiavo con l’inconsistenza di un ecto-plasma in una dimensione nuova; come se la mia mente rifiutasse quella esistenza e si fosse rifugiata in un mondo irreale situato ad alcuni metri dal suolo, fatto di energie buone ed energie maligne, tutte figlie delle mie sensazioni.Mi vedevo vivere una vita che non volevo vivere, ma qualcosa mi impediva di farla finita. Una strana voce proveniente dai meandri più oscuri della mia anima sussurrava alla mia mente grevi parole. Non mi invogliava a continuare a vivere, come si po-trebbe pensare e fosse logico pensare, non mi spronava a combat-tere per difendere ciò che mi è più caro. Mi diceva solo guarda e rifletti. Questa è la vita, prendila come è! Impara da ciò che osser-vi dall’alto del tuo dolore e adegua il tuo modo di vivere ad una esisteva dove questi errori passati siano modificati se non addirit-tura superati.Ed io ho fatto questo: ho osservato. Me e gli altri. Non voglio peccare di presunzione, ma credo che in fondo qualcosa io abbia capito. Non tanto, ma qualcosa sì! Intanto passavano i giorni, i mesi, per diventare infine anni. Anni lunghissimi che non passavano mai. Io continuavo ad osser-vare il mio corpo dilaniato dalle vicissitudini della vita. La morte di mia madre dopo una lunga malattia, un amore finito, un matrimonio andato in fumo, tanti che credevo amici e si rivelavano chi vigliacco e chi traditore; avvocati che mi raggiravano e raggiravano la mia famiglia approfittando del loro dolore e del loro sconforto; magistrati giudicanti e inquirenti che si facevano beffe delle sofferenze altrui e interpretavano le norme a proprio esclusivo gusto e costume, utilizzando assurde consuetudini come quella criminale del libero convincimento.Queste sono solo alcune delle situazioni nefaste con cui ho dovuto confrontarmi e mi sto confrontando tuttora. Che ho guardato dall’alto e non affrontato come volevo per il semplice motivo che mi avevano tolto ogni mezzo per poter essere protagonista e poter dire la mia sulla “mia” esistenza.Cosa puoi fare, chiuso fra quelle mura, per una madre che sta morendo e tu non puoi neanche accompagnarla da un medico op-pure all’ospedale? Puoi solo soffrire per lei e aspettare il tele-gramma che ti avvisi della sua morte. Ed ella era mia madre, la mia stessa carne. E non ho potuto neppure darle un minimo di conforto. Neppure vederla morire. Mi hanno concesso di vederla per l’ultima volta un minuto prima che la sotterrassero: ammanettato e tra tanta gente che aspettavano di vedere la mia reazione quasi fossero stati al cinema. E io ti ho visto amore mio! Ti ho visto dopo sedici mesi dal tuo ultimo colloquio che mi hai fatto al carcere – quando ti sei sentita male per lo strapazzo del viaggio in pullman alle cinque del mattino – e neppure nel mio incubo peggiore avrei pensato che la volta successiva ti avrei rivisto dentro una bara. Come puoi far coraggio ad un’amata, che è la luce dei tuoi oc-chi, se puoi parlarle solo qualche ora al mese in una sala strapiena di gente urlante e dove degli agenti ti osservano e ti richiamano ad ogni piccolo gesto? Dove anche una carezza è proibita? La vede-vo soffrire e avevo vergogna di me stesso poiché la causa ero io: era l’amore che mi portava a mandarla perfino in analisi. E io avrei voluto almeno stringerla a me quando in un’amara lettera mi scrisse “Quanto ti amo amore mio, e quanto ti odio quando mi sveglio di notte e tu non sei al mio fianco”. Constatare che il no-stro rapporto già minato dalla lontananza dei nostri corpi si stava arrendendo alle troppe amarezze della vita e non poter far nulla per salvarlo è stata un’atroce frustrazione. Mille volte avrei preferito che la causa fosse un errore commesso senza riflettere che non quel lento stillicidio di un sentimento che tempo prima ci teneva in vita.In che modo puoi difenderti da false accuse se il giudice, il procuratore e il tuo avvocato sono soci dello stesso club e hanno deciso cosa fare della tua vita tra un set di tennis e una partita a golf? Appunto: lo spettatore. Puoi fare solo lo spettatore della tua vita, mentre altri la vivono al posto tuo.Quei luoghi e quelle situazioni rendono l’uomo vulnerabile: solo con se stesso in mezzo a tanta gente. Chi cerca di non pensa-re, chi si annulla abusando di psicofarmaci, chi perde la dignità inveendo contro tutti e, soprattutto, contro se stesso. Ogni uomo ha una reazione tutta sua in quei frangenti. Difficilmente ho trova-to due individui reagire allo stesso modo. Quello che è successo a me, dopo il primo periodo devastante psicologicamente e fisicamente, è stato di soffermarmi su tante cose che in passato per mancanza di tempo o di sensibilità non avevo mai considerato più di tanto. Ho incominciato a riflettere su quello che mi circondava – uomini e cose - e su di me. Su come avevo vissuto fino ad allora e, diamine! quanti errori! Errori per lo più in buona fede, per superficialità o negligenza. Niente nasce per caso, tutto ha un origine che spesso è occulta o imprevedibile, ma esiste. Basta riflettere, non commettendo il mio errore di farlo con il senno del poi.Il ragazzo che si era sottratto alla vita grigia assegnatole dal destino era riuscito in pochi anni ad emergere professionalmente e doveva solo godere dei benefici dei tanti sacrifici fatti stando lon-tano dalla sua casa, dai suoi cari. E invece il classico fulmine a ciel sereno lo aveva colpito in pieno – mi ha colpito in pieno – e di me, di tutto quello che avevo costruito oggi non è rimasto altro che cenere.I ricordi, soprattutto quei belli, dovrebbero dare gioia, invece per me sono diventati tanti chiodi che mi trafiggono le carni e mifanno rivivere con rimpianto il più bel periodo della mia vita. Un periodo che mai più rivivrò: un amore che mai più rivedrò. E pen-sare che per me lei aveva sacrificato tutto, aveva lasciato tutti, al-lontanandosi dai suoi cari per un tempo imprecisato. Poi era arri-vato il carcere, ed ella si era accorta che la sua vita ruotava in-torno alla mia presenza, e mancando essa, non era rimasto nessun appiglio a cui aggrapparsi. La vedevo deperire giorno per giorno e stare sempre peggio. La depressione l’aveva invasa; il male oscuro non aveva pietà e la stava annientando. La separazione dal mio cordone ombelicale che le apportava solo veleno e ma-linconia era inevitabile. In questo modo è finito un amore. Questo è il modo in cui può finire un grande amore.E mia madre, sempre instancabile a seguirmi in quell’amara sorte per i carceri di mezza Italia, incurante che il tumore alle ossa la stesse annientando. Anzi, lei pregava mio padre e le mie sorelle di non rivelarmi la verità sulle sue condizioni di salute per non farmi soffrire inutilmente, ed aveva sempre una parola di corag-gio, sempre un sorriso. Sempre una lacrima per quel figlio sventu-rato.Tutto ciò che amavo mi è stato precluso, e perché? Vorrei tanto saperlo…Cosa mi riserverà adesso il futuro è un incognita anche per me. Il mio amato e desiderato studio fotografico, ormai deve rima-nere solo una pia illusione. Riaprirla sarebbe solo un modo per in-debitarsi, senza spiragli di riuscita visto i tanti anni lontano dal settore, l’avvento della fotografia digitale e il periodo di crisi economica mondiale. I miei romanzi incompiuti resteranno chiusi in un cassetto per chissà quanto tempo, senza che io abbia la forza e la possibilità di completarli. Il mio passaporto si è bloccato ine-sorabilmente a trentuno visti e chissà se un giorno qualche altro foglio verrà riempito.Frammenti di vita è una raccolta che ho desiderato ardente-mente. Non poesie né racconti, ma tutto ciò che ho scritto, che non sia in forma di romanzo, nei tanti anni passati in prigione. Ad esclusione delle poesie edite da Akkuaria nella raccolta “La mia strada aveva l’orizzonte come limite” che ho voluto pubblicare a parte e per cui ringrazio la gentilissima e validissima nonché cara editrice Vera Ambra per l’aiuto datomi. Pensieri, massime, riflessioni, lettere, sangue sui fogli della vi-ta che sgorgava dalle mille ferite della mente devastata da un qualcosa di incomprensibile, di atroce, e, forse, di non meritato. Ecco cos’è Frammenti di vita. Ecco perché vorrei che esistesse: per non smarrire tutte quelle sensazioni a causa del buio del tempo. Sarà anche amaro rileggere di quei nefasti giorni, ma ogni dolore, ogni atroce sofferenza che ho patito deve diventare la forza per affrontare qualsiasi insidia od ostacolo la vita e il desti-no vorranno riservarmi.E se saprò affrontarli a testa alta, allora tutto questo patimento sarà servito a qualcosa.Oltre a ringraziare Vera Ambra, ringrazio gli editori delle case editrici Libroitaliano, Delta3 e Qualevita che in tempi diversi han-no ospitato i miei scritti nelle loro collane e riviste.Ringrazio la mia famiglia, sempre a me vicina nonostante tut-to, e i pochi amici che mi sono rimasti dopo tanti anni di disav-venture.Ma più di tutti ringrazio mia madre, la prima persona a credere in me, anche quando intorno e sulla mia persona si sprecavano quintali di veleno.Ciao mamma, sicuramente dal posto in cui riposa la tua anima mi vedi e riconosci l’amore e l’affetto che ti porto tuttora. Ti voglio bene.

venerdì 16 ottobre 2009

Amore lontano



Amore lontano
Guardi assente
Il tuo triste presente:
cos’è il tormento?
Chiedilo al respiro
che stenta ad uscire.
Chiedilo alla lacrima
troppo calda e troppo amara.
Le fitte al cuore
ti fanno capire
perché l’amore
fa rima con il dolore.
E tu soffri
e poi muori,
ma sempre
avrai la forza
di rialzarti
e dire al tuo cuore:
non arrenderti…
ecco il mio amore!

lunedì 12 ottobre 2009

LUNA D’AUTUNNO



LUNA D’AUTUNNO

Se tu chiudessi gli occhi,
lasciandoti cullare
dalle onde del silenzio,
sentiresti il mio respiro
farsi intenso
mentre - lenti –
i miei baci
scendono dal collo al seno.

Gusto con deliziosa passione
il dolce e acre sapore
della tua pelle,
inabissandomi nel mare
di quel piacere
in cui dei e poeti
sono affondati
per libera scelta.
Non guardare!
Non serve vedere
per capire
che andrò fino in paradiso...

giovedì 8 ottobre 2009

Ricordando il mio grande amico d'infanzia GAETANO



GAETANO
Come se non bastassero i miei già tristi pensieri. Come se la mia anima non fosse già satura di malinconia e cercasse di opprimersi ancora di più… Sempre di più! Come se non sapessi l’angoscia che provo pensando a te, ma stoltamente: ti penso... Penso a te che ti prendevi gioco di me quando ti invogliavo a seguirmi nella ricerca di nuove frontiere, nuove chimere. Invece tu con un sorriso mi dicevi che avevi il mare, la libertà, e l’amore di Maria.
Sì, avevi ragione! Non ti mancava niente per essere felice. Difatti se qualcuno mi avesse chiesto cosa fosse la felicità, gli avrei risposto di chiederlo al mio amico Gaetano. Lui sì che avrebbe saputo!
Il mare, la libertà, Maria.
Certo, bastava poco per renderti felice, anche se a te sembrava tanto, ma sono riusciti lo stesso a togliertelo, come se fossero stati invidiosi della tua piccola ma grande felicità.
Non potevi prevederlo, nessuno poteva! Neppure i classici sapientoni che tutto sanno - quando i guai succedono agli altri - avrebbero mai potuto prevedere che quella sera sarebbe successo un dramma così grande all’improvviso, e purtroppo per loro, nel tuo caso non hanno potuto vantarsi e dire: “Lo avevo detto!”.
L’alba era spuntata quasi all’improvviso, illuminando con la sua tenue luce sia noi che la piccola barca usata da Gaetano per pescare con la costa a vista. Come facevo ogni volta che avessi tempo, lo accompagnavo e gli davo una mano a srotolare la lunga lenza piena di ami ed esche, che lui faceva galleggiare poco sopra il fondale grazie all’equilibrio raggiunto tra zavorre di piombo e galleggianti in sughero. Di solito la lenza si tirava su con un verricello dopo qualche ora, e il più delle volte una piccola cernia o una spigola andava a riempire il contenitore in fondo alla piccola barca. Quella pausa tra una gettata e l’altra la usavamo per mettere in acqua le nostre canne e rilassarci nel silenzio della notte, godendo della compagnia delle stelle e del calore della nostra pluridecennale amicizia.
«Pensaci bene, prima di rifiutare, Tano.» cercai per l’ennesima volta di convincerlo ad aderire alla mia idea. «Io con il mio negozietto a stento pago le tasse, e tu sono più i giorni che non puoi uscire a pescare che non quelli in cui fai una buona pesca. Se ce ne andassimo a lavorare in quella fabbrica siderurgica su al Nord risolveremmo tutti i nostri problemi economici. Ci daranno anche un aiuto a trovare una casa in affitto, oltre al buonissimo salario, e dividendo le spese in qualche anno potremo mettere da parte un piccolo capitale.»
«Non sono d’accordo con te, Klem! La libertà che abbiamo ora la perderemo poiché dovremo sempre sottostare a degli orari e a degli ordini… E per me poter decidere cosa fare al mattino quando mi sveglio è più importante di una buona paga.»
Non ero d’accordo! Allora non avevo ancora chiare quali fossero le priorità per un uomo, e quella famosa libertà non la concepivo, non la consideravo così importante. Forse perché l’avevo e non mi rendevo conto di averla. Non mi rendevo conto quanto fosse importante lavorare anche quindici ore al giorno se si fosse deciso così, oppure decidere di non andare a lavoro perché quel giorno un amico aveva bisogno del tuo conforto e magari solo della tua silenziosa presenza.
Solo ora, pensando alle volte che vedevamo sorgere il sole in mezzo al mare, mi accorgo che tutto il tempo che ho perduto chiuso in uno stabilimento avrei potuto viverlo meglio. Non ci sono paghe tanto alte per ricompensare un’ora vissuta nella serenità assoluta che ti regala il mare al mattino, con il vento che ti riempie le narici del profumo delle alghe e della salsedine. Non ci sono paragoni! E l’uomo non è una talpa e ha il diritto di vedere il sole o il mare ogni volta che ne sente il bisogno. Altrimenti è prigioniero di un sistema voluto dai pochi per comandare e opprimere i tanti.
«Cerca di comprendermi, Klem. Cosa mi importa se oggi abbia pescato sì e no quello che basta per pagarmi un pranzo e una cena? Sono stato in mezzo al mare che adoro e considero il mio elemento naturale; avevo voglia della tua compagnia e tu sei venuto nonostante ti abbia svegliato le quattro del mattino. Tra un’ora torneremo a riva e andrò al mercato dove venderò il mio pesce e poi stasera pulito e rilassato mi recherò dalla mia Maria e andremo a fare un giro per il centro, liberi e felici. Quante di queste cose che amo non avrei potuto fare se avessi accettato un lavoro diverso e più retribuito?»
«Ma non sarai sempre giovane! Il mare e il cielo non ti saranno sempre amici! Cosa farai quando sarai vecchio o malato senza un contributo assistenziale versato?»
«Pensi alla vecchiaia e intanto butti via la gioventù!» fu la sua risposta tra il triste e l’ironico. «Chi ti dice che il domani sia come prevedi? Verrà poi il domani? Preferisco godere dell’oggi fino a quando lo potrò fare, che vivere come non desidero aspettando un domani che nessuno mi garantisce che verrà.»
Tutto in funzione della felicità! Ecco come ragionava il mio amico d’infanzia. La persona che amavo più di un fratello. Niente voli pindarici, niente progetti a lungo termine. Gli bastava il mare e la sensazione di libertà che provava su di esso per essere felice. Anche se per completare il quadro aveva bisogno di una ragazza che lo amasse per quello che era e condividesse la sua scelta di vita: Maria!
Ci eravamo lasciati oltre il molo. L’aiutai a mettere le cassette di pesce che avevamo preparato e mentre io mi diressi a casa per farmi una doccia e andare ad aprire il mio negozietto da fotografo, Gaetano si recò al mercato sperando che l’asta odierna fosse più vantaggiosa delle precedenti.
È stata l’ultima volta che l’ho visto! L’ultima volta che ho creduto che potesse esistere un uomo felice anche se povero.
Il mercato era andato a gonfie vele, e lui era rientrato felice a casa aspettando impaziente che giungesse l’orario di chiusura del negozio ove Maria era assunta come commessa. La sua idea era di portarla a mangiare in un tranquillo ristorantino vicino Bacoli e poi andare al centro per comprare qualche bel capo di abbigliamento. E poco importava se fosse rimasto senza soldi per il giorno dopo. La sua vita era il mare, la libertà e Maria. Non voleva altro! Non chiedeva altro.
Quando arrivò al luogo dell’appuntamento, nonostante l’orario di chiusura fosse passato da un pezzo, di Maria nessuna traccia. Eppure la serranda era abbassata e tutto faceva credere che nel negozio non ci fosse nessuno. Di solito Maria si fermava sotto un vicino porticato per attenderlo, ma era sicuro che non ci fosse stata quando era passato. Scese dall’auto e si mise a cercarla con lo sguardo. All’improvviso sentì un lamento sommesso, quasi fosse stato occultato appena fosse stato emesso. Si avvicinò al porticato dove spesso si fermava Maria e si mise ad ascoltare. Di nuovo gli sembrò di sentire quel lamento, e senza indugio si diresse verso il cortile interno che a quell’ora sembrava abbandonato.
In un angolo nascosto vide la scena più agghiacciante della sua vita: due uomini, apparentemente giovani, stavano portando violenza alla sua Maria. Vedendola minacciata, non pensò ad altro che a difenderla, senza pensare che avrebbe perso tutto. Senza pensare che una toga, che forse non aveva mai amato, non avrebbe capito, non avrebbe compreso l’empirica reazione di un cuore devoto. Semplice, ma innamorato.
Se solo si fosse valutato cosa poteva passare nella mente di un uomo – o meglio ancora – cosa poteva non passare, perché in quel momento Gaetano aveva fatto tutto fuorché pensare, si sarebbe giudicato il suo comportamento con altri parametri, e forse la storia avrebbe avuto un esito diverso, anche se non meno terribile.
Uno degli uomini teneva ferma la sua fidanzata per le braccia, mantenendo sulla sua bocca un fazzoletto inzuppato del sangue delle labbra spaccate della ragazza, mentre un altro l’aveva denudata e stava abusando di lei, nonostante ella avesse ancora la forza di agitare le gambe e lanciare degli urli soffocati. Gaetano senza riflettere prese per le spalle l’uomo che teneva ferma la sua amata e lo scaraventò contro il muro opposto con tanta forza da fargli rompere la testa contro la parete. L’altro stupratore si allontanò dalla sua vittima e prese un coltello dalla sua tasca, non considerando che poco lontano da Gaetano ci fosse della legna per il camino.
Quale fu la molla che spinse il giovane pescatore a prendere un grosso pezzo di legno e colpire con violenza l’uomo, nessuno lo sa, resta il fatto che dopo il primo colpo ce ne furono altri e il sadico violentatore di ragazze sole e indifese morì con la testa fracassata da una gragnola di colpi con ancora il pantalone sbottonato.
Per tutti Gaetano aveva fatto un gesto sacrosanto, ma fu lo stesso imprigionato e accusato della morte dei due infami. Povero amico mio! Ricordo che dicevi, quando stavamo a ridere e scherzare sulla tua barca: “Ho il mare, la libertà e Maria!” Ebbene in un colpo solo ti hanno tolto il mare, ti hanno soppresso la libertà, e, dopo poco tempo, hai perduto Maria, a causa di quella esperienza devastante, che poche persone possono sopportare.
Il tuo calvario sembrava senza fine. Come se si fosse avviato un ciclo terribile che si doveva concludere o con la tua pazzia o con la tua morte. Cercammo tutti di tenerti nascosto il suicidio della tua amata compagna per evitarti un gesto inconsulto. Ma chissà come ne venisti a conoscenza. I tuoi familiari chiesero non una ma mille volte che tu venissi scarcerato o almeno guardato a vista. Ma per i magistrati un carcerato valeva un altro, e tu dovevi espiare prima una parta consistente della pena irrogata e poi potevi accedere ai benefici di Legge previsti con la legge Gozzini, sempre se il magistrato di sorveglianza competente avesse ritenuto che tu dovessi accedervi, data la non obbligatorietà di tali benefici e la discrezionalità di poterli dare o non dare in base al libero convincimento del magistrato, o ancora del più meschino conflitto ideologico dello stesso giudice che magari vorrebbe le pene ancora più severe e l’abolizione di gesti umanitari.
Ma tu avevi già deciso cosa fare. Ti è bastato qualche minuto, un agente più distratto, o forse più clemente, ed ecco l’occasione per decidere da solo il tuo destino; come è giusto che sia. E in un istante hai riavuto il mare, hai riavuto la libertà. E chissà, forse hai riavuto Maria…

mercoledì 7 ottobre 2009

SE BASTASSE PIANGERE


SE BASTASSE PIANGERE

Cosa guardi?
C’è solo deserto!
C’è solo dolore
in questo mondo
privo d’amore.

Nel tuo domani
non esistono sogni,

non esistono giochi.
Sei un bambino,
ma il tuo destino
è segnato dal vuoto
di un pozzo senz’acqua.

Ah, se bastasse piangere,
e tu potessi bere
ogni mia lacrima,
darei l’anima
per sentirti ridere.

La fame ti assale,
la gola ti brucia;
alzi lo sguardo
al fiume di ferro
e ti chiedi perché
non porti l’acqua
oltre al petrolio.

La gente che passa
sembra distratta
e ti lasciano morire
tra la sabbia che scotta.

Senti i boati:
la guerra è vicina!
Trema la terra,
non trema il tuo cuore.
Se questa è la vita,
meglio farla finita.

lunedì 5 ottobre 2009

CHIUDI LA PORTA


CHIUDI LA PORTA


Siedi mio cuore!
Siediti sul gelido
trono del dolore
e distogli lo sguardo
dalla tetra lapide
sotto la quale
hai seppellito
il tuo amore.

Siedi mio cuore!
Non pensare con rancore
ai fasti passati
figli dei sogni realizzati
– e dimentica –
quell'antico splendore
che ti apporta solo dolore.

Siedi mio cuore!
Siedi e chiudi la porta.
Chiudi la porta
alle passioni
alle illusioni.
Chiudi la porta
a ciò che chiamiamo amore...

Il mio nome


Il mio nome

Sobbalza al vento
la mia anima sgomenta,
e acre è l’impeto
del mio tormento.
La tua pelle ha il sapore
del mare in tempesta
e allontana da me
l’angoscia del tempo.
Il tuo cuore è stupendo:
dolce e intenso!
La tua magia è la vita.
Il tuo dono è la vita!
Le tue carezze
disegnano su di me
l’arcano mistero
della tua passione,
e miele gusto dalle tue labbra.
Ti voglio con il corpo,
ti ho con l’anima.
Mi incatena il calore
del tuo amore
perché desiderio
è il mio nome!

sabato 3 ottobre 2009

E’ NOTTE


E’ NOTTE

E’ notte
per questo mondo
bagnato da fiumi di fango
e mari di sangue.

E’ notte!
Una notte buia,
senza stelle,
senza pace…

Domani, forse,
il sole brillerà in alto;
ma per noi,
che amiamo questa Terra,
sarà sempre
NOTTE!

Cielo busciardo


Cielo busciardo

Quanta suspire.
Quanta turmiente.
Pecchè chiagne si saie
ca nun serverr' a nniente?
Te tremman' e' bbraccia
ca stregnen' 'o core
senza ca riesci
a le dà calore.
Tremma 'sta vocca,
parlanno d'ammore,
ma nisciuno risponne
a 'sto grid' 'e dolore.

Guardi cu speranza
'o cielo stellato,
ma stanott' è busciardo,
e chi t'ha lassato
nun sta llà ca te guarda.

Quanta suspire...
chiagne pe l'ammore
perduto pe sempe,
ma nun fa' pazzie!
nun guardà 'stu mare
ca nfame te chiamma.
Rispiett' 'a vita,
e nun penzà da fà finita.
Cielo bugiardo

Quanti sospiri.
Quanti tormenti.
Perchè piangi se sai
che non servirà a niente?
Ti tremano le braccia,
che stringono il cuore,
senza che riesci
a dargli calore.
Trema la bocca,
parlando d'amore,
ma nessuno risponde
a questo grido di dolore.

Guardi con speranza
il cielo stellato,
ma stanotte è bugiardo,
e chi ti ha lasciato
non sta lì a guardarti.

Quanti sospiri...
piangi per l' amore
perduto per sempre,
ma non fare pazzie!
Non guardare questo mare
che infame ti chiama.
Rispetta la vita,e non pensare a farla finita.

giovedì 1 ottobre 2009

Non sarai mai un semplice ricordo (a gentile richiesta)


Non sarai mai un semplice ricordo.
Sento il rumore dei tuoi passi:o sono i battiti del mio cuore?Dimentico le poche certezzeche mi erano compagne e penso alla vitasenza la brezza del vento a carezzare la pelle.Sono vivo ma non me ne accorgo.Forse perché sono morto e insisto a voler vivere;ed è ora che io sparisca attraverso il fumo del tempo,raggiungendo il desolato mondo delle anime inquiete.Nessun respiro di passione,né sguardo innamorato porterò nella mia valigia vuota.Sei stata una presenza troppo intensaper rilegarti nel fiume dei ricordi– ove c’è troppa melma e non meriti di stareper la purezza del tuo essere –ed il tuo amore sarà nel mio cuore sempre vivo, sempre vero.