sabato 17 ottobre 2009

FRAMMENTI DI VITA http://www.youtube.com/watch?v=A4r-hT61ytw


FRAMMENTI DI VITA
DISPERSI FRA RACCONTI,LETTERE E POESIE

(Raccolta inedita)PREFAZIONEDiventare all’improvviso spettatore della propria esistenza.Sarà strano, ma mi è accaduto proprio così. E senza neppure sapere perché. Perché proprio a me! La mattina mi sono svegliato libero, amato, felice, e di sera non vivevo più la vita come l’avevo vissuta fino ad allora, ma chiuso dentro una fredda e umida cella, mi vedevo vivere come se fossi sul bordo di un burrone e guardassi giù il mio corpo gemere, soffrire. E la rabbia più grande era di non poter far nulla per impe-dirlo nonostante ci provassi con tutte le mie forze. Ma le catene erano indistruttibili, e più le tendevo, più esse mi dilaniavano le carni; mi distruggevano la mente; mi uccidevano l’anima. Non vivevo più, ma viaggiavo con l’inconsistenza di un ecto-plasma in una dimensione nuova; come se la mia mente rifiutasse quella esistenza e si fosse rifugiata in un mondo irreale situato ad alcuni metri dal suolo, fatto di energie buone ed energie maligne, tutte figlie delle mie sensazioni.Mi vedevo vivere una vita che non volevo vivere, ma qualcosa mi impediva di farla finita. Una strana voce proveniente dai meandri più oscuri della mia anima sussurrava alla mia mente grevi parole. Non mi invogliava a continuare a vivere, come si po-trebbe pensare e fosse logico pensare, non mi spronava a combat-tere per difendere ciò che mi è più caro. Mi diceva solo guarda e rifletti. Questa è la vita, prendila come è! Impara da ciò che osser-vi dall’alto del tuo dolore e adegua il tuo modo di vivere ad una esisteva dove questi errori passati siano modificati se non addirit-tura superati.Ed io ho fatto questo: ho osservato. Me e gli altri. Non voglio peccare di presunzione, ma credo che in fondo qualcosa io abbia capito. Non tanto, ma qualcosa sì! Intanto passavano i giorni, i mesi, per diventare infine anni. Anni lunghissimi che non passavano mai. Io continuavo ad osser-vare il mio corpo dilaniato dalle vicissitudini della vita. La morte di mia madre dopo una lunga malattia, un amore finito, un matrimonio andato in fumo, tanti che credevo amici e si rivelavano chi vigliacco e chi traditore; avvocati che mi raggiravano e raggiravano la mia famiglia approfittando del loro dolore e del loro sconforto; magistrati giudicanti e inquirenti che si facevano beffe delle sofferenze altrui e interpretavano le norme a proprio esclusivo gusto e costume, utilizzando assurde consuetudini come quella criminale del libero convincimento.Queste sono solo alcune delle situazioni nefaste con cui ho dovuto confrontarmi e mi sto confrontando tuttora. Che ho guardato dall’alto e non affrontato come volevo per il semplice motivo che mi avevano tolto ogni mezzo per poter essere protagonista e poter dire la mia sulla “mia” esistenza.Cosa puoi fare, chiuso fra quelle mura, per una madre che sta morendo e tu non puoi neanche accompagnarla da un medico op-pure all’ospedale? Puoi solo soffrire per lei e aspettare il tele-gramma che ti avvisi della sua morte. Ed ella era mia madre, la mia stessa carne. E non ho potuto neppure darle un minimo di conforto. Neppure vederla morire. Mi hanno concesso di vederla per l’ultima volta un minuto prima che la sotterrassero: ammanettato e tra tanta gente che aspettavano di vedere la mia reazione quasi fossero stati al cinema. E io ti ho visto amore mio! Ti ho visto dopo sedici mesi dal tuo ultimo colloquio che mi hai fatto al carcere – quando ti sei sentita male per lo strapazzo del viaggio in pullman alle cinque del mattino – e neppure nel mio incubo peggiore avrei pensato che la volta successiva ti avrei rivisto dentro una bara. Come puoi far coraggio ad un’amata, che è la luce dei tuoi oc-chi, se puoi parlarle solo qualche ora al mese in una sala strapiena di gente urlante e dove degli agenti ti osservano e ti richiamano ad ogni piccolo gesto? Dove anche una carezza è proibita? La vede-vo soffrire e avevo vergogna di me stesso poiché la causa ero io: era l’amore che mi portava a mandarla perfino in analisi. E io avrei voluto almeno stringerla a me quando in un’amara lettera mi scrisse “Quanto ti amo amore mio, e quanto ti odio quando mi sveglio di notte e tu non sei al mio fianco”. Constatare che il no-stro rapporto già minato dalla lontananza dei nostri corpi si stava arrendendo alle troppe amarezze della vita e non poter far nulla per salvarlo è stata un’atroce frustrazione. Mille volte avrei preferito che la causa fosse un errore commesso senza riflettere che non quel lento stillicidio di un sentimento che tempo prima ci teneva in vita.In che modo puoi difenderti da false accuse se il giudice, il procuratore e il tuo avvocato sono soci dello stesso club e hanno deciso cosa fare della tua vita tra un set di tennis e una partita a golf? Appunto: lo spettatore. Puoi fare solo lo spettatore della tua vita, mentre altri la vivono al posto tuo.Quei luoghi e quelle situazioni rendono l’uomo vulnerabile: solo con se stesso in mezzo a tanta gente. Chi cerca di non pensa-re, chi si annulla abusando di psicofarmaci, chi perde la dignità inveendo contro tutti e, soprattutto, contro se stesso. Ogni uomo ha una reazione tutta sua in quei frangenti. Difficilmente ho trova-to due individui reagire allo stesso modo. Quello che è successo a me, dopo il primo periodo devastante psicologicamente e fisicamente, è stato di soffermarmi su tante cose che in passato per mancanza di tempo o di sensibilità non avevo mai considerato più di tanto. Ho incominciato a riflettere su quello che mi circondava – uomini e cose - e su di me. Su come avevo vissuto fino ad allora e, diamine! quanti errori! Errori per lo più in buona fede, per superficialità o negligenza. Niente nasce per caso, tutto ha un origine che spesso è occulta o imprevedibile, ma esiste. Basta riflettere, non commettendo il mio errore di farlo con il senno del poi.Il ragazzo che si era sottratto alla vita grigia assegnatole dal destino era riuscito in pochi anni ad emergere professionalmente e doveva solo godere dei benefici dei tanti sacrifici fatti stando lon-tano dalla sua casa, dai suoi cari. E invece il classico fulmine a ciel sereno lo aveva colpito in pieno – mi ha colpito in pieno – e di me, di tutto quello che avevo costruito oggi non è rimasto altro che cenere.I ricordi, soprattutto quei belli, dovrebbero dare gioia, invece per me sono diventati tanti chiodi che mi trafiggono le carni e mifanno rivivere con rimpianto il più bel periodo della mia vita. Un periodo che mai più rivivrò: un amore che mai più rivedrò. E pen-sare che per me lei aveva sacrificato tutto, aveva lasciato tutti, al-lontanandosi dai suoi cari per un tempo imprecisato. Poi era arri-vato il carcere, ed ella si era accorta che la sua vita ruotava in-torno alla mia presenza, e mancando essa, non era rimasto nessun appiglio a cui aggrapparsi. La vedevo deperire giorno per giorno e stare sempre peggio. La depressione l’aveva invasa; il male oscuro non aveva pietà e la stava annientando. La separazione dal mio cordone ombelicale che le apportava solo veleno e ma-linconia era inevitabile. In questo modo è finito un amore. Questo è il modo in cui può finire un grande amore.E mia madre, sempre instancabile a seguirmi in quell’amara sorte per i carceri di mezza Italia, incurante che il tumore alle ossa la stesse annientando. Anzi, lei pregava mio padre e le mie sorelle di non rivelarmi la verità sulle sue condizioni di salute per non farmi soffrire inutilmente, ed aveva sempre una parola di corag-gio, sempre un sorriso. Sempre una lacrima per quel figlio sventu-rato.Tutto ciò che amavo mi è stato precluso, e perché? Vorrei tanto saperlo…Cosa mi riserverà adesso il futuro è un incognita anche per me. Il mio amato e desiderato studio fotografico, ormai deve rima-nere solo una pia illusione. Riaprirla sarebbe solo un modo per in-debitarsi, senza spiragli di riuscita visto i tanti anni lontano dal settore, l’avvento della fotografia digitale e il periodo di crisi economica mondiale. I miei romanzi incompiuti resteranno chiusi in un cassetto per chissà quanto tempo, senza che io abbia la forza e la possibilità di completarli. Il mio passaporto si è bloccato ine-sorabilmente a trentuno visti e chissà se un giorno qualche altro foglio verrà riempito.Frammenti di vita è una raccolta che ho desiderato ardente-mente. Non poesie né racconti, ma tutto ciò che ho scritto, che non sia in forma di romanzo, nei tanti anni passati in prigione. Ad esclusione delle poesie edite da Akkuaria nella raccolta “La mia strada aveva l’orizzonte come limite” che ho voluto pubblicare a parte e per cui ringrazio la gentilissima e validissima nonché cara editrice Vera Ambra per l’aiuto datomi. Pensieri, massime, riflessioni, lettere, sangue sui fogli della vi-ta che sgorgava dalle mille ferite della mente devastata da un qualcosa di incomprensibile, di atroce, e, forse, di non meritato. Ecco cos’è Frammenti di vita. Ecco perché vorrei che esistesse: per non smarrire tutte quelle sensazioni a causa del buio del tempo. Sarà anche amaro rileggere di quei nefasti giorni, ma ogni dolore, ogni atroce sofferenza che ho patito deve diventare la forza per affrontare qualsiasi insidia od ostacolo la vita e il desti-no vorranno riservarmi.E se saprò affrontarli a testa alta, allora tutto questo patimento sarà servito a qualcosa.Oltre a ringraziare Vera Ambra, ringrazio gli editori delle case editrici Libroitaliano, Delta3 e Qualevita che in tempi diversi han-no ospitato i miei scritti nelle loro collane e riviste.Ringrazio la mia famiglia, sempre a me vicina nonostante tut-to, e i pochi amici che mi sono rimasti dopo tanti anni di disav-venture.Ma più di tutti ringrazio mia madre, la prima persona a credere in me, anche quando intorno e sulla mia persona si sprecavano quintali di veleno.Ciao mamma, sicuramente dal posto in cui riposa la tua anima mi vedi e riconosci l’amore e l’affetto che ti porto tuttora. Ti voglio bene.

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