martedì 29 settembre 2009

Clessidra



Clessidra
Scorre il fiume del mio tormento
e porta con sé l’angoscia del tempo.
Sono stato prigioniero
- per scelta o per noia –
di un amore sbagliato.
Ma la culla del destino
è la forza della passione
e con essa sono vivo!
Non più ferite aperte
lacerano il cuore e la mente,
ma solo carezze brama la mia pelle.
Ho sete del tuo sapore;
ho fame del tuo volere.
Tutto ciò che mi circonda
mi ricorda di te.
Mi porta a te!
Ed io ascolto le sirene del mare
intonare il nostro canto
mentre i giorni volano via
e presto sarai di nuovo mia.

vecchio blog:)

klem
venerdì 18 settembre 2009

Folle visione sociale e politica di un operaio assonnato
Folle visione sociale e politica di un operaio assonnato
Ci sono momenti di strana quiete, come quelli all’alba, dentro un freddo e solitario vagone della metropolitana, quando la mente - non ancora del tutto desta - incomincia a vagare come impazzita, pensando a cose più o meno assurde. Per non annichilirmi avevo imparato a non pensare mai a cose brutte come, per esempio, che il sole non fosse ancora spuntato e già mi stavo recando in fabbrica per uscirne quando lo stesso sole sarebbe tramontato da ore. Considerando che l'astro diurno è da sempre ritenuto un simbolo di vita, era lo stesso una vita la mia, anche se non lo vedevo per sei giorni a settimana? Sarebbe stata una frustrante domanda da fare a se stessi alle cinque del mattino, con ancora da fare un’ora di viaggio fra metropolitana e autobus per raggiungere il posto di lavoro. E che amaro in bocca lasciavano quelle brutte sensazioni. Ecco perché il più delle volte mi mettevo a fantasticare di trovarmi in luoghi esotici che avevo visto solo in televisione. Non risolvevo nulla, ma almeno passavo qualche ora sereno, distaccandomi quel tanto che bastava dalla realtà per ritrovare un briciolo di voglia di vivere.Avevo sonno ed ero stufo di alzarmi così presto per recarmi in un luogo che detestavo, in cui lavoravo nove ore e quarantacinque minuti e me ne pagavano solo otto, con la mezza giornata del sabato da fare obbligatoriamente e gratuitamente, considerata come un dono al datore di lavoro, ma non potevo neppure lamentarmi pubblicamente - anche con i miei amici e familiari - che subito mi attaccavano con la solita solfa che avrei dovuto ringraziare chissà quale padreterno in cielo ad avere la fortuna di conservare un modesto ma sicuro salario in tempi di recessione e crisi mondiale. Pensando a ciò, mi ritornavano in mente le parole di alcuni conoscenti che avevano perduto il posto di lavoro a causa della chiusura della fabbrica in cui erano assunti e della loro disperazione. Era terribile trovarsi a cinquant’anni senza lavoro, con il mutuo sulle spalle – o della casa, o dell’auto, oppure altro – e non esser riusciti a mettere da parte neanche un piccolo capitale in previsione dei tempi bui, come facevano i nostri padri, operai anch’essi, grazie al tenore di vita più congruo allo stipendio e al salario. E proprio da quel punto aveva origine il ragionamento che facevo ad amici e parenti. Se quelle persone, parsimoniose e oculate, dopo una vita di lavoro non erano riuscite a conservare nulla per quando ne avessero avuto bisogno, per quale motivo avevano lavorato? Per una pensione che forse non avrebbero avuto mai data la condizione di persone comuni in cui loro malgrado si ritrovavano? Una persona aveva diritto a vivere dignitosamente e alla fine del percorso avere di che essere soddisfatta di come ha vissuto la sua esistenza! Non così, trattato come un cavallo azzoppato a cui si pianta una pallottola in testa, non per farlo smettere di soffrire, ma per toglierselo dai piedi e non dargli più la biada giornaliera.Tanti sindacalisti o persone che si dicevano vicine ai lavoratori erano diventati deputati o senatori, ma nessuno era riuscito a cambiare nulla o quasi del destino segnato di tanta gente. E non perché fosse mancata loro la volontà di farlo, ma come una noce da sola in un sacco non fa rumore, così tutti quei salvatori dei ceti meno abbienti erano presto finiti nel dimenticatoio, schiacciati dalla grande maggioranza che quei problemi era felice di causarli invece di risolverli. Mentre dicevo ciò pensavo agli ultimi governi, con la maggioranza composta da imprenditori o da avvocati votati al servizio dei potenti e diventati parlamentari se non addirittura ministri grazie al potere occulto dei loro protettori dai conti correnti di milioni di euro. Quale legge a favore degli operai sfruttati da loro o dai loro protettori potevano varare? Sarebbe stata un’utopia il solo pensarlo.Forse mi sono assopito e ho incominciato a vedere distintamente delle immagini olografiche che mi danzavano davanti agli occhi. Forse era un sogno o forse era una visione che la mia mente si divertiva a trasmettermi – in ogni caso era un vero e proprio manifesto politico in difesa del lavoratore. Era molto più di un proclama: era un modo per ognuno di interpretare il proprio ruolo sociale. Tutti avrebbero fatto la propria parte in base alle proprie capacità fisiche-intellettive, e ognuno avrebbe guadagnato il giusto compenso in base a proporzioni oneste e studiate affinché ognuno avesse il proprio tornaconto per l’impegno e la professionalità messi in campo. Chi decideva quali fossero le proporzioni per un lavoro dirigenziale e per uno manuale? Il risultato finale! Valutando che tutti gli stipendiati delle amministrazioni che non producevano tornaconto, ma dirigevano e organizzavano gli altri, fossero ridotti nel numero bastante e necessario ad ogni settore produttivo verso cui erano indirizzati, e che lo stesso settore li retribuisse, come faceva con gli altri impiegati, in base al guadagno ottenuto da tutte le aziende del settore interessato ai servizi di quel tipo di amministratori.Ma bisognava prima di tutto eliminare i punti che non andavano bene e i tanti personaggi che spadroneggiavano su tanti altri. Fare tabula rasa di un sistema fallimentare - se visto con l’occhio di un lavoratore che dopo tanti anni di vita sacrificata - con salari e stipendi al limite minimo di sussistenza, non poteva permettersi il lusso di comprarsi neanche un vestito decente. Primo fra tutto si doveva ridistribuire il capitale abolendo la più grande legge del libero mercato, quella che prevede che l’imprenditore guadagni percentuali stratosferiche dal capitale investito. La banca che interesse avrebbe dato per il suo capitale? Il 10%? E allora se il proprietario di ogni singola azienda ne avesse guadagnato il 40% dal suo investimento di base non avrebbe avuto di che lamentarsi; e in tre anni sarebbe ritornato proprietario di tutto il suo capitale. E a chi si fosse lamentato e avesse puntualizzato che il capitale si poteva anche perdere in un investimento sbagliato o non proficuo, si rispondeva che per la sua percentuale lui aveva messo sul piatto del denaro, l’operaio e lo stipendiato per la loro più modesta quota consumavano la propria vita; molto più importante di un capitale. Ecco perché uno dei primi cambiamenti doveva essere quello morale e incominciare a considerare la vita umana superiore ad un investimento finanziario.Il restante 60% del guadagno avrebbe dovuto coprire gli stipendi e i salari e predisporre una percentuale per gli enti assistenziali e amministrativi, mentre un’altra quota sarebbe stata utilizzata per l’innovazione e l’accrescimento dell’azienda. Più il guadagno sarebbe stato alto, più le percentuali sarebbero aumentate, per evitare in questo modo che un imprenditore guadagnasse cifre spropositate, e poi appena per un anno o due se il suo resoconto fosse stato negativo, mettere in cassa integrazione i lavoratori, dimenticando che gli anni prima aveva accumulato un ingente capitale sulla loro pelle.Per controllare il funzionamento di tutto quel grosso meccanismo, si dovevano evitare strategie complicate, così articolate da nascondere nel loro interno l’inganno. Lo Stato non doveva essere un despota o un padrone, ma un socio e un consigliere, e gli ispettori preposti al controllo dei vari settori della vita pubblica e lavorativa, dovevano essere al di sopra di ogni sospetto. Tutti si lamentavano delle tante morti bianche, ma se il controllo era da sempre la parte debole e più corruttibile del sistema, normale che gli incidenti fossero all’ordine del giorno! Se gli imprenditori le innovazioni le facevano solo sulla carta per non pagare l’IVA, e poi usavano attrezzature e macchinari fatiscenti, era più che ovvio che qualche operaio si ferisse o morisse manovrando quella ferraglia! La cosa ridicola consisteva nel fatto che venivano strapagati dai contribuenti alcuni addetti al controllo che, loro stessi o i loro uffici, avvisavano gli imprenditori che tale giorno e a tale ora avrebbero fatto un controllo, e questi lestofanti si preoccupavano di far bloccare le macchine con le lame rotanti non protette, in pieno contrasto con le più semplici norme in materia di sicurezza, dicendo agli ispettori che fossero macchine in disuso utilizzate per pezzi di ricambio, entrambi incuranti che sopra quelle lame ci fosse il sangue della mano dell’ultimo operaio che pochi giorni prima si era tagliato, e farle ritornare a produrre appena i famigerati ispettori fossero andati via.Per realizzare questo grande cambiamento prima di tutto ci voleva un garante valido ed efficace come solo un buon governo potrebbe esserlo. Ma quale governo sarebbe stato ideale per salvaguardare e far perdurare nel tempo un’organizzazione socio-sindacale del genere, voluta dalla Costituzione e nata per il grande desiderio di essere tutti non solo socialisti, (il significato vero di questo termine, dopo Garibaldi è stato usato spesso in modo improprio) ma coscienti che in questo mondo qualunque sia il sesso, il ceto sociale, il colore della pelle, l’etnia o l’istruzione, ogni uomo è da ritenersi uguale ad un altro? E soprattutto, quale governo sarebbe stato capace di difendere un sistema che avrebbe avuto il compito di occupare professionalmente tutti e farli guadagnare non un prezzo imposto a priori o imposto da un despota celato nei panni di un capitalista, ma in base alle singole capacità e alla singola volontà? Per dirigere tale sistema sociale umanitario e ugualitario, doveva essere per forza un governo e un parlamento che invece di pensare ai propri interessi, o seguire solo le strategie di partito o le varie ideologie, avrebbe varato una riforma elettorale in cui si guardasse soprattutto alla qualità del singolo individuo candidato, che prima di essere eletto doveva non soltanto far partecipe gli elettori del programma politico del suo partito o della sua corrente politica, ma a cosa si fosse interessato lui personalmente e quali risultati si era prefissato o avrebbe potuto conseguire. E talora fosse stato eletto e non avesse mantenuto fede almeno in parte a ciò che avesse promesso, non avrebbe potuto ricandidarsi per le prossime elezioni.Per essere ritenuto veramente perfetto, il novello Paese del sole – parafrasando Campanella – doveva far sì che chiunque credesse in chiunque, e per questo sarebbe stato necessario togliere tutte quelle agevolazioni parlamentari che avevano incrinato la fiducia di un popolo intero e impostare a priori uno stipendio congruo per i parlamentari, comparandolo agli stipendi medi nazionali dei dirigenti non proprietari di aziende, e, dopo la fine della loro vita politica, dovevano ritornare al loro vecchio impiego, considerando gli anni occupati a fare politica attiva come normali anni di lavoro con tributi e contributi simili agli altri stipendiati.In ultimo, considerato che spesso si guarda con diffidenza qualsiasi nuovo proclama politico, e si sente dire il più delle volte la classica frase: “Tanto non cambierà mai nulla e siete tutti uguali!”. Oppure: “Voi criticate ma non proponete!”. Per completare quello che purtroppo era solo un bel sogno, ebbi come ultima visione un vero e proprio manifesto elettorale che, se veramente fosse stato eseguito alla lettera, avrebbe fatto funzionare di nuovo la macchina del nostro Paese – se pur qualche volta fosse funzionata in modo veramente democratico.I punti erano pochi e chiari:· Imposizione di investimento a scopo produttivo di tutti i capitali superiori al milione di euro depositati presso gli istituti bancari nazionali e stranieri;· Abolizione di tutti gli organi di controllo e di tutti gli incarichi amministrativi inutili e dispendiosi;· Creare una nuova organizzazione sindacale, con elementi provenienti dalle altre organizzazioni sindacali, scelti in base a criteri di assoluta competenza e onestà, che tracci il tornaconto in percentuale per ogni categoria di lavoratore in base al fabbisogno medio nazionale: dal dirigente al contributo casalingo per la massaia;· Riforme costituzionali in materia di elezioni e modifiche al potere esecutivo e a quello legislativo, affinché i parlamentari vengano considerati come dei normali lavoratori al servizio del popolo e vengano retribuiti secondo la media nazionale;· Espropriazione da parte dello Stato di tutte le aziende con titolari che non vogliono aderire ai cambiamenti sociali, che non sono discutibili e non sono passibili di variazioni e possono essere modificati solo dietro referendum con un voto che superi di 1 la maggioranza assoluta degli aventi diritto;· Sequestro dei capitali occultati e utilizzo degli stessi da parte dello Stato per opere assistenziali e/o mutualistiche.Mi stavo gustando il mio fantastico manifesto, valutandolo punto per punto quando un brusco strattone da parte del poco cordiale conducente mi avvisò che eravamo arrivati al capolinea. Dopo un paio di sbadigli più o meno lunghi, mi alzai e mi diressi alla fermata dell’autobus per fare l’ultima mezzora di viaggio, traffico permettendo. Il sogno era stato stupendo e aveva lasciato dei serafici strascichi in me, ma di quello potevo essere poco felice, poiché appena sarei entrato in fabbrica, tutte le sensazioni belle che avessi provato prima sarebbero svanite in un istante.
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giovedì 17 settembre 2009

Non sarai mai un semplice ricordo. (poesia inedita)

Non sarai mai un semplice ricordo.Sento il rumore dei tuoi passi:o sono i battiti del mio cuore?Dimentico le poche certezzeche mi erano compagne e penso alla vitasenza la brezza del vento a carezzare la pelle.Sono vivo ma non me ne accorgo.Forse perché sono morto e insisto a voler vivere;ed è ora che io sparisca attraverso il fumo del tempo,raggiungendo il desolato mondo delle anime inquiete.Nessun respiro di passione,né sguardo innamorato porterò nella mia valigia vuota.Sei stata una presenza troppo intensaper rilegarti nel fiume dei ricordi– ove c’è troppa melma e non meriti di stareper la purezza del tuo essere –ed il tuo amore sarà nel mio cuore sempre vivo, sempre vero.
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mercoledì 16 settembre 2009

Il mio nome (inedita)

Il mio nome
Sobbalza al ventola mia anima sgomenta,e acre è l’impetodel mio tormento.La tua pelleha il saporedel mare in tempestae allontana da mel’angoscia del tempo.Il tuo cuore è stupendo:dolce e intenso!La tua magiaè la vita.Il tuo donoè la vita!Le tue carezzedisegnano su di mel’arcano misterodella tua passione,e miele gusto dalle tue labbra.Ti voglio con il corpo,ti ho con l’anima.Mi incatena il caloredel tuo amoreperchédesiderio è il mio nome!
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venerdì 11 settembre 2009

test da facebook

CHI ERI NELLA VITA PASSATA?
soluzione:
Una Strega del XIII sec.Eri una donna del XIII sec. della Francia Meridionale accusata di Stregoneria e bruciata viva sul rogo, insieme agli altri eretici. Eri una levatrice, una curatrice, una donna sempre attenta ai bisogni degli altri ed una grande esperta di erbe medicamentose. Il tuo era un vero e proprio sapere, nonostante vivessi in piccoli ed isolati villaggi, privi di istruzione alcuna, il tuo desiderio di conoscere era troppo profondo e dunque ti istruivi come potevi portando avanti un'antichissima tradizione. Non venivi capita, poichè eri diversa, ma sapevi aiutare chi ne aveva bisogno, seppur spesso non venivi ringraziata. Nonostante tutto non hai mai rinnegato i tuoi pensieri, anche se ti hanno portato alla morte. Cosa ti è rimasto della tua vita passata? Sei un/a ribelle, che agisce nel senso opposto agli altri, spesso per dispetto e per il bisogno di non essere uguale alla massa. Sei testardo/a e un pò libertino, ma è solo perchè non hai paura di accettare la verità. Sei coraggioso/a ed anche molto curioso/a nei confronti del mondo e della cultura. Purtroppo a volte sei anche poco disponibile a trovare un compromesso con gli altri, quasi ti divertissi ad essere sempre considerato/a un/a "diverso/a".
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giovedì 10 settembre 2009

CLANDESTINI (tratta dalla raccolta La mia strada aveva l'orizzonte come limite)

CLANDESTINILa vecchia carretta di marecol pieno di carne umanacomincia lo stanco arrancarecon mèta la riva lontana.Va alla deriva tra gli alti flutti con la stiva piena di sogni distrutti.Scappano dalla guerracon la morte nel cuorescappano da una terradove si mangia dolore.Affrontano il mareper dare ai figliun futuro d'amare.Ma i nuovi confinihanno fragili appiglie i loro destini sono segnatida chi non fa altroche chiamarli clandestini.
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mercoledì 9 settembre 2009

Istante supremo (tratta dalla raccolta La mia strada aveva l'orizzonte come limite)

ISTANTE SUPREMOÈ la gelida mano a contrastarel’intenso calore dei tuoi occhi.Teneramente mi carezza la guanciae scivola tremula nei capellimentre lentamente ti avvicinie sfiori le labbra facendomi rabbrividirecol tuo caldo e appassionato respiro.Estasiando i miei sensicol più sensuale dei sorrisicon un dolce sussurro delicatocome il volo di una piumami dici: ti amo.Ti stringo a meannullando nel dolce e acreprofumo della tua pellela mente errante.Poggio la tua testa sul mio pettoe guardando il Cielo– prego tacitamente –che se pur dovessi morireche sia in quest’istante.
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In ricordo di un amore finito e alla sensazione che lascia
CHIUDI LA PORTASiedi mio cuore!Siediti sul gelidotrono del doloree distogli lo sguardodalla tetra lapidesotto la qualehai seppellitoil tuo amore.Siedi mio cuore!Non pensare con rancoreai fasti passatifigli dei sogni realizzati– e dimentica –quell'antico splendoreche ti apporta solo dolore.Siedi mio cuore!Siedi e chiudi la porta.Chiudi la portaalle passionialle illusioni.Chiudi la portaa ciò che chiamiamo amore...
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lunedì 28 settembre 2009

Dedicata a te


Dedicata a te!
Ladre sono le labbra
che rubano al miele
il delicato sapore.
Fra le tue braccia
ho trovato il calore.
Diafana la tua bellezza:
ma dal prisma
prendi il colore.
È cristallo la tua anima
Bella
Splendida
-Fragile –

TERZO VIALE NUMERO 10 (tratta dalla raccolta La mia strada aveva l'orizzonte come limite)


TERZO VIALE NUMERO 10


Come un automa cerco il luogo indicato
– smarrendomi in viali dove anche gli alberi
– allineati in perfette geometrie sembrano
freddi e in sintonia con questo luogo di morte.

Terzo viale numero 10.

È qui che ti sei trasferita e mantieni la promessa
d'aspettarmi qualunque cosa succedesse.
È qui che mi sto recando per poterti
rincontrare senza accorgermi che
gli occhi velati di lacrime non vedono più
questo angusto luogo ma si perdono
nella nebbia del tempo.

Terzo viale numero 10.

Il bianco marmo risalta la tua foto
e guardandola crollo in ginocchio
sentendo una fitta al cuore. Non ci credevo
non ci credevo e invece è così!
Terzo viale numero 10: ecco dove sei!
Ecco il perché del tuo lungo silenzio…

Facendomi forza alzo la testa; con gli occhi appannati
distinguo a fatica il tuo meraviglioso sorriso
e mi sembra di sentire le tue parole
mentre smarrisco la ragione, guardando il tuo volto
che esprimeva amore, e tu felice ti regalavi a me.

«Ti ho fatto io questa foto, ricordi amore?»
Adesso – invece di ingiallire nel nostro album –
risalta su una fredda lapide al terzo viale numero 10
di un cimitero di periferia dove anche i verdi alberi
sembrano tetri come la tua ultima dimora…

venerdì 25 settembre 2009


In un momento terribile dedicai questa poesia, tratta dalla raccolta edita da Akkuaria editrice "la mia strada aveva l'orizzonte come limite" alla persona che allora era più della mia vita e che ancora oggi vale molto per me. Il titolo è LA PORTA CHIUSA
LA PORTA CHIUSA


Un’altra ora è andata!
Un’altra ora di questa opaca
e interminabile notte.

L’ennesima sigaretta
– rapidamente ha seguito
la sorte delle altre –
mentre immobile ed esausto
guardo verso la maledetta porta
che continua a restar chiusa.

La fisso con la speranza
che molto presto si apra
e non voglio perdere neppure un istante
di quella meravigliosa visione.
Ma continua a restare chiusa
e non ascolta la sommessa preghiera
che invoco ad ogni piccolo movimento
dell’ozioso orologio.

Un brivido…
«Dio com’è fredda questa stanza!»
Sento il freddo fin dentro le ossa
fin dentro l’anima.
Agghiaccia il mio cuore.

Riverberi del passato
– desideri del presente –
ma nell’oblio della mente
vedo la porta che si apre
e tu sorridente mi guardi
per poi sparire lentamente
attraverso la porta
inesorabilmente chiusa.
Accarezzo la tua ombra con gli occhi
prima che l’illusione svanisca
prima che la fredda porta
ti nasconda al mio sguardo
annientando anche i miei sogni
oltre che la vita.

Apriti maledetta!
Apriti per favore!
Lei è lì, oltre la tua soglia
che sta vivendo
– sta vivendo senza di me… –
E io intanto,
– impietrito come un cretino –
con gli occhi fissi verso la porta chiusa
lentamente sto morendo.

Vorrei correre, abbracciarti, baciarti.
Pregarti di perdonarmi.
Dimenticare tutto il resto e amarmi
ma sono dietro questa stramaledetta
porta chiusa – e anche se vicina –
non ti ho mai sentita così lontana.

Il tuo amore
era l’ultima cosa che mi restava.
L’unica ragione che mi impediva di impazzire
e – incolpando la porta chiusa – me l’hai tolto.

Sei il mio passato
e mi stai distruggendo
il mio già triste presente
annullando ogni mia speranza
per un futuro diverso.
Vorrei odiarti ma non ci riesco.
Impreco contro di te oscenamente
cercando nei meandri della mente
le parole più dure, più cattive.
Ma finisco sempre per parlar d’amore.
Ripudiare il mio amore per te
sarebbe come rinnegare me stesso.
Non posso far altro che sognarti
sperando che questa porta
si apra al più presto: e tu sia lì
– oltre la sua soglia –
innamorata come una volta.