mercoledì 7 luglio 2010

IL RITORNO DEL FALCO - la metafora della mia vita -


IL RITORNO DEL FALCO

Le immagini che vedi sono distorte e si muovono come se la rifrazione termica di un pomeriggio afoso e assolato le facesse strisciare con il tipico andamento di un rettile pronto ad attaccare. Non riesci a renderti conto se tu sia desto o in balia dei soliti incubi notturni, e fai fatica a renderti conto di dove tu realmente stia.
Sognavi il tuo nido sulla rupe protetta dai venti sul versante Est della grande montagna. Sognavi la tua compagna che ti guardava con ammirazione, convinta e sicura che il tuo corpo e il tuo coraggio le avessero offerto qualsiasi tipo di protezione. Ma a spazzare i sogni felici c’era sempre la scura nube all’orizzonte che cresceva man mano che si avvicinava al tuo rifugio, fino ad occultarlo del tutto.
Cosa vuoi che sia la forza o la determinazione, se ti è nemica la sorte? Se nell’ombra il destino ti è nemico e trama contro di te affinché tu perda tutto quello che faticosamente hai conquistato? Eppure al domani non chiedevi altro che un po’ di quiete per poter vivere in pace e poter far sanare le ferite del corpo e dell’anima ottenute dalle spine della vita mentre lottavi per conquistarti un tuo piccolo spazio. Non volevi troppo. I voli pindarici non hanno mai avuto spazio nella tua mente. Ti bastava quel poco per rendere dignitosa la tua esistenza e quella dei tuoi cari, e con l’inganno, con il tradimento sono riusciti a toglierti tutto. Come se tanta gente odiasse chi non vuol far parte della grigia massa e volesse sottrarsi da quello che considera più uno squallore che un progresso. E tutto hanno fatto, tutto hanno detto, fino a che sono riusciti a rinchiuderti in una gabbia a soffrire tutti i giorni di nostalgia e morire dentro mentre vedevi i tuoi cari perire o allontanarsi da te, dalla tua nuova vita di recluso, dal tuo cuore perennemente innamorato.
Ma il risveglio di quel mattino ti porta nuova forza, nuova speranza. Nuove illusioni. Il sangue circola velocemente nelle vene e una scarica di adrenalina ti fa sussultare. Scuoti le ali con furiosa veemenza, per sottrarti del tutto dai tentacoli di quel frustrante limbo che ti intorpidisce mente e corpo, e sei sorpreso dalla energica vigoria che ti trasmettono fin dentro l’anima. Sorridi all’elettrica forza che provi, invece del solito, acuto dolore che ti annientava ad ogni pur piccolo movimento. Un ghigno sardonico illumina il tuo viso e due occhi scintillanti e fieri lanciano saette di fuoco in cerca di chi stolto ti credeva finito, solo perché atrocemente colpito.
Eretto in tutta la ritrovata maestosità, sei pronto a spiccar il volo e librarti finalmente verso l’immenso cielo, quando uno stridio selvaggio sfocia angoscioso dalla tua gola nel vederti circondato da solide sbarre che oltraggiose ti proibiscono l’accesso al tuo vero mondo. Ricordi lontani, come immagini sfocate, si affacciano alla mente, creando un magma infuocato nel tuo stomaco. Rabbioso, ti vedi nella passata agonia debole e provato picchiare contro le infauste sbarre. Lasciarti infine cadere esausto e privo di forza sul freddo suolo della funesta realtà, con l’aspra lacrima a ricordarti quel destino da prigioniero, cucito sulla tua pelle, per ripagarti dell’inesauribile sete di libertà che sempre ha accompagnato ogni tua scelta di vita.
Il furore ti rende folle e centuplica le tue forze; inferocito spicchi un balzo incurante del ferro che tenta di frenare la tua esasperante corsa. Preferisci la morte - non una ma cento volte – invece di quella vegetale esistenza fra le fredde sbarre. Ma niente può impedire il passo alla pazza voglia di vivere che invade la tua anima; e quello che sembrava poco tempo prima una prigione insuperabile, si frantuma in mille pezzi come il più fragile dei cristalli.
Gli inetti e i meschini che si illudevano di averti rinchiuso grazie alle loro bugie, si stupiscono nel vedere il sole oscurarsi dalla tua maestosa ombra. Alzano lo sguardo increduli e spaventati e scappano nelle loro luride tane per il timore che ti rammenti dei tuoi aguzzini. Ma sei troppo in alto e non ti curi di essi, ora che il tuo sguardo ha per orizzonte l’immensità.

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