giovedì 10 giugno 2010

L’ipocrisia della gente per bene - racconto- denuncia contro la pedofilia, la vergogna della razza umana -


L’ipocrisia della gente per bene
(Prima pagina di un diario bagnato dalle lacrime)
Uno dei problemi più evidenti per i popoli dell’Est Europa, dopo la fine del blocco sovietico - o della famosa cortina di ferro - come la definiva Churchill, era che si stava diffondendo tra tante persone impreparate ad essere libere di decidere da sé, e con non molto spirito di iniziativa, una falsa concezione della democrazia.
Finalmente anche il popolo, e non solo i personaggi d’elite, avrebbe potuto acquistare nei tanti negozi avviati in poco tempo tutti gli articoli pubblicizzati dalle televisioni; ma con quali soldi? Per un solo capo di abbigliamento griffato gli operai e gli impiegati avrebbero dovuto spendere più del salario o dello stipendio che percepivano. Per migliaia di persone la situazione attuale si poteva definire peggiore di quella precedente e tutto era per loro ugualmente precluso. Se al tempo del regime comunista era proibito vendere o acquistare prodotti ritenuti di mero consumismo, con la democrazia i più potevano solo permettersi di guardare le vetrine senza neppure poter entrare in quei famosi negozi.
Tanti cercarono di riprendere il tipo di vita che facevano prima dell’avvento della perestrojka di Gorbaciov, accontentandosi dei prodotti locali e lasciare quella falsa libertà e soprattutto quella mistificazione di democrazia ai potenti, che avevano cambiato solo ideologia e bandiera ma erano sempre gli stessi di prima. Ma ciò non fu possibile per colpa dell’inflazione che saliva come un razzo verso la Luna. Gli anni precedenti con un modesto salario o con la pensione, grazie al controllo degli affitti e l’imposizione dei prezzi politici per i prodotti di prima necessità, come pane, carne e latte, si riusciva a sopravvivere, ora con la liberazione selvaggia dei prezzi, attuata per favorire magnati e mafiosi, non era più possibile e tante famiglie finivano in mezzo alla strada.
Forse era stato per rabbia, o frustrazione, oppure perché era il sistema più rapido per ottenere tutto ciò che si desiderava, che tanti ragazzi decisero di passare dalla parte della malavita organizzata e tante ragazze incominciarono a prostituirsi divenendo i primi manovalanza a poco prezzo per degli spietati assassini e le seconde vittime di speculatori che le facevano vendere per pochi rubli sia nei locali che per le strade.
Dopo solo pochi anni, si videro i migliori esponenti di una intera generazione vagare di notte nei luoghi di ritrovo ubriachi o drogati, con il solo ideale di cercare di sopravvivere quanto più tempo fosse possibile. Per contraltare, intorno a rinomati Hotel da mille dollari a notte, o nei pressi delle boutique delle più prestigiose griffe del mondo, vecchi che avevano fatto grande le proprie nazioni, a cui avevano tolto persino la voglia di vivere, si arrangiavano cercando di guadagnare qualche copeco vendendo frutta, verdura o manufatti.
Dei tanti uomini dell’Europa occidentale che si trasferirono in quei luoghi per affari o per trovare un nuovo posto dove poter ricominciare da capo la propria esistenza, pochi non sfruttarono queste maleodoranti piaghe create dalla novella democrazia, e approfittavano impunemente della povertà della gente del posto per togliere ad essa anche la dignità.
La Repubblica ceca, appena nata dalla pacifica scissione con la Slovacchia, presentava agli inizi degli anni Novanta molte occasioni commerciali e permetteva una vita agiata anche con pochi mezzi. Commercialmente era appetita dai grandi speculatori dell’Ovest, essendo situata proprio al centro di quella che sarebbe stata presto la nuova Europa, e poteva contare su buone risorse interne e di una popolazione bella e felice di essere finalmente libera di decidere il proprio destino.
Arrivarono in quegli anni sia in Boemia che in Moravia tanti uomini che cercarono oltre quella nuova frontiera un’alternativa di vita e speravano che almeno lì potevano migliorare i propri destini. Insieme a loro giunse però una marea di speculatori, con l’intenzione di approfittare di quella gente per continuare i raggiri commerciali già riusciti all’Ovest o nei Balcani, seguiti da molti personaggi più o meno loschi che si erano dati alla latitanza dai loro Paesi di origine.
Tutti quei nuovi abitanti avviarono le loro attività più o meno lecite, creando intorno alle zone di loro interesse dei nuclei residenziali dove la maggioranza era composta da una sola etnia, o da una sola nazionalità, nei quali erano invisi quelli che consideravano stranieri anche se fossero stati i natii di quella città.
Ognuno si industriava come meglio poteva. Italiani, Albanesi, Croati, Tedeschi, Austriaci, Bosniaci e tanti altri avevano trovato terra fertile per i loro commerci e facevano sì che le città non fossero più del solito plumbeo grigio come ai tempi del dominio monopartitico ma si colorassero di nuovi colori e si sentissero nuovi suoni. La disco-music si mescolava alla melodia delle canzoni napoletane, alla musica turca o alle canzoni albanesi, dando almeno all’apparenza un’impronta di calore fra i vari quartieri.
Le storture erano però tante, le ipocrisie pure. Tanti locali erano solo all’apparenza dei posti di ritrovo legali e nascondevano misfatti che pure il peggiore delinquente avrebbe aborrito. Il turismo sessuale imperava sempre di più. Accompagnato dall’ancora più spregevole sfruttamento della prostituzione minorile.
Quasi tutti i giorni si vedevano arrivare gruppetti di uomini che, con la scusa dei motivi professionali, approfittavano della povertà di quella gente per soddisfare le loro lascive voglie, preferendo quel luogo ai soliti Paesi esotici - che notoriamente permettevano l’incremento del turismo a scopo sessuale - poiché presentava il vantaggio di essere più facile da raggiungere.
Non pochi manager o falsi imprenditori decollavano dalle più grandi capitali europee con aerei di linea per arrivare in poche ore in quella nazione con la scusa di dover fare un’indagine di mercato o un sopralluogo giustificato dalla volontà di ampliare il raggio di azione delle loro attività, abusavano di una ragazzina, magari dell’età della figlia o della nipote, e ritornavano a casa per l’ora della cena da passare in compagnia di mogli e figli come bravi padri di famiglia.
Come quasi tutti i pomeriggi mi recai nel bar della hall dell’Hotel Indipendent dove avevamo una specie di luogo di incontro fra noi italiani. Ero molto conosciuto sia dal personale dell’hotel che dai ragazzi dei bar e dalle commesse dei vari negozi. Comprai il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport che arrivavano con qualche giorno di ritardo e me ne andai dalla mia amica parrucchiera, facendo la sua gioia che si divertiva con i miei lunghi ricci.
I miei ventisei anni, il mio aspetto gioviale, il mio lavoro di fotoreporter e un po’ di disponibilità economica mi facevano sentire ben accetto da tutti loro, ed anche le ragazze che si prostituivano facendo finta di essere delle clienti del bar mi consideravano un amico. Sapevano, come anche gli altri dipendenti di quella grossa struttura, che io ero un ragazzo come loro che non si era mai dato troppe arie come facevano invece tanti stranieri benestanti.
«Klem, quando ti deciderai a fare l’amore con me?» mi disse ironicamente Leona, una delle entraineuse che lavorava nel night al piano di sotto, così bella che in Italia avrebbe fatto come minimo la modella. «Così mi faresti guadagnare i soldi delle bollette e non mi costringeresti ad andare a letto con vecchi bavosi.»
La guardai sorridendo. Aveva ventuno anni e la sera prima l’avevo vista nel salottino del privè costretta ad accontentare sensualmente un lascivo sessantenne austriaco. Il suo lavoro era di intrattenere i clienti e convincerli a consumare più bevande possibile, e per tacito contratto, solo se lei decideva liberamente di prostituirsi faceva affittare una stanza al piano di sopra al cliente. Anche se spesso erano i gestori dei vari locali a costringere lei e le altre ragazze ad accontentare i clienti più facoltosi con la minaccia di licenziarle; oppure erano i problemi familiari ed economici a decidere per loro, ed esse si trovavano nelle condizioni di non potersi permettere il lusso di perdere un cliente e accontentarsi della paga serale di intrattenitrice.
«Sai bene che sono contrario a dare dei soldi per le prestazioni sessuali. Piuttosto dimmi se ti serve un prestito e te lo faccio.»
Il nostro era un gioco che durava da anni. La conoscevo poiché la sua famiglia abitava nello stesso palazzo dove abitava la famiglia della mia convivente, e spesso era venuta a sfogarsi con lei. Parecchie volte le avevo proposto di lasciare quel lavoro e venire a fare la segretaria nella mia agenzia, ma nonostante fosse appena maggiorenne, mi aveva risposto che faceva quel lavoro da quando aveva quattordici anni e non si sentiva pronta di ritornare ad una vita normale.
Alcuni ospiti dell’Hotel di nazionalità italiana, ascoltarono il nostro dialogo fatto in italiano e si avvicinarono con la classica frase:
«Ma sei italiano? Piacere io sono Roberto di qua o Pasquale di là.» Dissero convinti che poiché si parlasse la stessa lingua ci sarebbe stato di sicuro qualcosa d’altro in comune.
Dopo le presentazioni e aver salutato Leona ci siamo seduti ad uno dei tavoli di fronte al bar e ho offerto loro da bere. Erano degli imprenditori con interessi politici, arrivati in quella città per sponsorizzare le bellezze dei loro personali stabilimenti balneari e le altre attrattive della loro zona alla fiera annuale del turismo, cercando di vendere dei pacchetti vacanza.
Mi chiesero cosa facessi lì e come facevo a conoscere ed avere confidenza con ragazze belle come Leona o la parrucchiera, io gli dissi abbastanza laconicamente che ero alcuni anni che vivevo in quella città.
«Allora fai al nostro caso!» mi disse uno dei due con un tono confidenziale che io non gli avevo permesso. Già il loro modo di vantarsi di stare lì sovvenzionati dalla Regione, con i contribuenti che avrebbero pagato affinché loro si divertissero, mi diede enormemente fastidio e mi diede il contrappeso per valutare chi avessi di fronte. «Dobbiamo stare tre giorni in questa città e ci hanno detto che ci sono dei locali dove si trovano molte ragazze con cui divertirci un po’.»
«Qualsiasi tassista con cento corone vi potrebbe portare in uno di questi luoghi. La città ha il più grosso assembramento di casinò e di bordelli della regione. C’è di tutto! E vi garantisco che la ragazza che avete visto parlare con me nel negozio di parrucchiere è la metà bella delle tante giovani ragazze che si prostituiscono nei locali notturni.»
«Ce l’hanno detto, ma noi vorremmo qualcosa di più emozionante.»
Osservai meglio i due uomini con le loro giacche impolverate di forfora, le camicie a righe e le pancette prominenti, a cui istintivamente mi ero già pentito di aver offerto i due cocktail. Erano sulla cinquantina ed erano anche messi fisicamente male. Ragazze giovani e belle come Leona potevano vederle solo sui manifesti pubblicitari, eppure, a detta loro, lei non era abbastanza emozionante. Fu più per curiosità che chiesi cosa intendessero per “più emozionante”.
I due si guardarono per qualche istante, indecisi se confidarsi con me. Infine si decisero e mi dissero che un loro collega imprenditore aveva stimolato la loro curiosità raccontando delle vere meraviglie sulle occasioni che potevano capitare in quei luoghi a persone che erano disposte a pagare delle grosse somme di denaro.
«In parte è vero.» annuii. «Ci sono locali nei quali basta solo mettersi d’accordo sul prezzo per avere soddisfatta qualsiasi fantasia sessuale. Ma sono luoghi in cui si entra solo con le tessere da soci oppure se invitati da un iscritto.»
«Infatti il nostro amico ce lo ha spiegato che per una questione di discrezione e di sicurezza si va in tali luoghi solo con persone conosciute e di assoluta fiducia.» confermò quello che sembrava il più anziano e intraprendente dei due, asciugando il copioso sudore che gli usciva dalla fronte. Lo vedevo già con una frusta fare la parte del dominante in un perverso gioco sadomaso.
«Appunto andando in un locale del genere che gli hanno fatto una stupenda proposta che lo ha entusiasmato moltissimo.» aggiunse l’altro. «Pagando il triplo delle solite tariffe lo hanno portato in una stanza già predisposta per lo scopo e hanno consegnato a lui e agli altri due con cui si accompagnava delle maschere con cui nascondere completamente il viso. Da una porticina laterale sono entrate due ragazze molto giovani e l’addetto al locale ha detto che per un’ora avrebbero potuto fare qualsiasi cosa passasse loro per la testa con le due ragazze a patto che autorizzassero un inserviente a riprendere tutta la scena con delle telecamere.»
Deglutii a fatica un groviglio di saliva amara, cercando di nascondere ai miei interlocutori tutto il disgusto che provavo. Avevo sentito già che in alcuni locali realizzavano filmini pedopornografici utilizzando bambini e bambine sequestrati che venivano torturai e spesso uccisi. Sia io che i miei due fedeli amici e soci in affari avevamo cercato di realizzare un servizio di reportage giornalistico per convincere qualche magistrato ad aprire un’inchiesta su quel macabro commercio, ma eravamo stati minacciati da alcuni loschi figuri che ci avevano imboniti a non fare più domande in giro su quell’argomento.
Per un uomo con tanto amor proprio e molta idiozia, come me, l’essere costretto a non fare qualcosa per il veto dato da qualcuno non era altro che un motivo in più per accendere il mio interesse sulla questione. Ma gli ignoti protettori di quel marciume disumano che favorivano tale lurido commercio mi avvisarono nel più convincente dei modi a desistere. Mi aspettarono all’uscita della mia agenzia e mi distrussero la fiancata dell’auto con una scarica di mitra.
Per nulla quietato da quell’avviso, volli insistere e venire a conoscenza degli autori di quell’azione minacciosa nei miei confronti. Tramite le confidenze di un mio conoscente, ex funzionario del KGB e della Stasi, seppi che gli uomini che avevo contro in quella situazione erano appartenenti alle Forze dell’ordine che, non contenti della magra paga, garantivano ai proprietari di quei luridi locali una protezione quasi totale, sia da parte di un’eventuale inchiesta che contro i curiosi come me e i miei amici reporter.
«Vi rendete conto che questo vostro amico ha realizzato un film che poi verrà venduto su internet ai pedofili? Ci scommetto quello che volete che le due vittime non erano due ragazze ma solo delle bambine costrette dai loro aguzzini con le minacce a fare tutto quello che ai clienti passava per la mente.»
La risposta dei due fu un’indifferente alzata di spalle e un sorriso sardonico. Come chi se ne importasse meno di niente della triste fine a cui erano destinate le due poverette e tutti i bambini che le avrebbero seguite. Li vedevo già da un lato stare a tavola con i parenti e criticare le notizie di cronaca con pedofili come soggetti mentre dall’altro lato raccontavano spavaldamente agli amici di come si erano divertiti a vessare delle vittime innocenti.
La mia anima di antico difensore medievale dei più deboli avrebbe preso la spada e decapitato i due mentre sogghignavano sardonicamente al pensiero di cosa avrebbero potuto fare se si fossero trovati nella condizione di poter agire contro delle bambine di età inferiore alle loro figlie. Ma la società civile e le leggi fatte troppe volte proprio per agevolare i ricchi uomini, come quei due, non mi avrebbero mai perdonato quel gesto e io mi limitai ad alzarmi, prendere uno stelo di un faretto posto in un angolo e romperglielo in testa.
Il servizio d’ordine si apprestò a correre in loro soccorso. Mi tennero fermo e io dissi in ceco ai due grossi vigilanti.
«Mi hanno chiesto di indicare loro il locale di Predik.»
Non servì dare altre spiegazioni. I due poliziotti privati erano a conoscenza delle dicerie che si facevano sul locale di quello schifoso di ex ufficiale dei reparti speciali dell’esercito passato nell’ala più infame della mafia e sui locali simili al suo. Mi lasciarono le braccia e si avvicinarono ai due a cui i miei colpi avevano fatto sanguinare le teste. Li osservarono per qualche istante e poi uno sputò loro addosso e un altro sferrò un calcione al più vicino, così forte che si sentì un rumore di ossa spezzate.
Insieme ci recammo al bar lasciando i due imprenditori per terra. Il cameriere che aveva assistito a tutta la scena ci versò da bere e chiese a tutti i presenti di fare un brindisi in mio onore. Per una volta la dignità aveva prevalso sull’ipocrisia di uomini che celano le loro vere anime di essere ripugnanti con gli abiti eleganti.

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