domenica 5 settembre 2010

Aisha -racconto che cerca di evidenziare cosa vuol dire a volte seguire delle assurde tradizioni -


Aisha
di Klem D’Avino



I
La bella giornata di sole, dopo alcune giornate di pioggia, era stata attesa con impazienza da Aisha. Era giorno di mercato, e con la scusa di dedicarsi al cucito, la ragazza sedette su una delle panchine del giardino situato dietro l’abitazione e attese che la madre e le sorelle andassero a sbrigare alcune faccende in casa.
Quel luogo era recintato con un alto muro per permettere alle donne della casa di poter sedere a chiacchierare fra loro senza velo, lontane da sguardi indiscreti, ma Aisha aveva scoperto che dai rami di un albero di cedri che superava il muro, poteva osservare di nascosto la gente arrivare dai campi per vendere le loro mercanzie.
Il vento le scompigliava i capelli color ebano, accarezzando il viso alabastrino. Strinse l’ampia tunica intorno alla vita per essere più agevolata nella salita, mostrando un corpo sinuoso e armonico. Nonostante le sue curve fossero quelle acerbe di un’adolescente, l’innata sensualità tipicamente mediterranea la faceva sembrare più matura dei suoi quattordici anni.
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«Aisha, dove sei?» Chiamò la madre.
La ragazza fu veloce e in pochi secondi scese dall’albero e riprese il suo lavoro di cucito. «Eccomi, mamma!» Rispose sorridendo. Il suo sorriso riusciva a farla sembrare ancora più bella, e la madre la guardò con orgoglioso amore.
«Come ti sei fatta bella, piccola! Stasera alla festa in onore del cugino Oman tutte le altre donne saranno invidiose della tua bellezza.»
«Non dire così, mamma! Mi fai arrossire. Parlami piuttosto del cugino di papà. Non l’ho mai visto.»
«Questi ultimi anni è stato in guerra, dove si è distinto fra i tanti combattenti, per il grande onore di Allah misericordioso. Con lui stasera verranno anche importanti politici e religiosi, per tributargli l’onore che gli spetta per la grande vittoria che ha riportato in battaglia. Sarà presente anche il famoso sceicco Bedir, padrone di quasi tutta la città.»
La madre era appena rientrata in casa quando Aisha poggiò sulla sedia il piccolo telaio e risalì velocemente sul suo albero. Nessuna festa poteva uguagliare il piacere che la ragazzina provava nel vedere la gente vivere libera. La casa dove viveva, con il passare degli anni assomigliava sempre di più a una dorata prigione. Il padre faceva uscire di casa le tre figlie e la moglie solo quando non era possibile fare altrimenti, e si preoccupava che, oltre allo chador, portassero il velo affinché nessuno potesse guardarle.
Aisha si recava nella moschea con i suoi familiari il venerdì. Solo nella musalla le era permesso di rivolgersi a chiunque, partecipando pienamente a tutte le attività comunitarie e venendo trattata con cordialità anche dagli adulti.
Le uniche cose che le donne della sua famiglia conoscevano del mondo erano quelle che raccontavano le altre parenti, anche loro limitate nella libertà fisica. La televisione e la radio venivano accese solo in presenza del padre e dei figli maschi che facevano assistere alle donne solo alcuni determinati programmi.
Ecco perché osservare le persone dall’alto del giardino, facendo attenzione che nessuno la vedesse, era per la ragazza un’emozione incredibile, superiore a quella che poteva rappresentare la sua partecipazione ad una festa dove gli uomini parlavano e bevevano, mentre le loro donne erano rilegate con i bambini in una stanza secondaria.
Come programmato, in serata le quattro donne dell’agiata famiglia si recarono alla festa organizzata per onorare il famoso consanguineo. Tutta la famiglia indossava vesti di tessuto damascato e di seta ricamata.
La bella Aisha, coperta di veli, emanava un fascino misterioso dalla sua persona, che andava al di là della semplice bellezza. I suoi bellissimi occhi scuri, valorizzati dal trucco, avevano avuto in dono dalla natura due iridi altrettanto intense. Il segreto della loro bellezza non stava solo nell'intensità del colore, ma anche nella profondità dello sguardo, che sembrava carezzare le persone e le cose ..
Tutti poterono ammirare l’opulenza di suo padre, che fu accolto dal festeggiato, dagli anziani e dallo sceicco con l’onore che meritava.
Le donne si spostarono in una sala laterale, insieme con i piccoli, mentre nella grande sala gli uomini brindavano e festeggiavano. Aisha si annoiava ad ascoltare le altre donne che ripetevano i soliti discorsi e si avvicinò alla finestra che dava sul retro della casa. Notò quasi subito che le imposte erano state lasciate aperte a causa del gran caldo. Solo una pesante tenda separava la sala dalla vista del cortile posteriore della casa.
Spinta dalla curiosità, e approfittando del fatto che il gruppo fosse assorto ad ascoltare un’anziana, spostò di qualche centimetro il drappo e si mise ad osservare la gente nel cortile.
Fu subito attratta dalla figura atletica di un ufficiale che dava gli ordini ad alcuni suoi commilitoni, che scattarono sugli attenti e l’ubbidirono all’istante. Rimasto solo il militare si accese una sigaretta e sedette sulla scalinata a pochi metri dalla finestra.
«Com’è bello!» Pensò Aisha ammirandone il profilo. Il soldato era molto giovane, e l’espressione sognante con cui guardava il cielo stellato lo rendeva più simile ad un ragazzo che a un uomo.
Nonostante fosse assorto dai suoi pensieri, percepì di essere osservato e si voltò verso la finestra, vedendo il volto di Aisha tra lo stipite e la tenda.
«Sei una visione che mi manda Allah?» Sussurrò sbalordito. Mai aveva visto un volto così bello. Mai aveva ammirato occhi così intensi e labbra così sensuali.
La ragazza sorrise a quel complimento, ma subito abbassò la tenda per paura che qualche donna potesse scoprirla mentre un uomo che non fosse suo parente la guardava senza velo. Si poggiò alla parete e respirò profondamente con la speranza che il fuoco che si era acceso nello stomaco e sulle gote non venisse notato da nessuno.
Già da quel momento presagì che il protagonista dei suoi sogni, il principe vestito come gli eroi antichi che andava a liberarla sul suo cavallo bianco, sarebbe stato sostituito dal giovane ufficiale.
Abel era rimasto senza parole. Il suo cuore si era fermato per l’emozione quando quella stupenda ragazza gli aveva sorriso. Le Uri del Paradiso di Maometto dovevano avere la stessa pelle di porcellana, gli stessi occhi da cerbiatta.
Mai amore fu più fulminante di quello che l’aveva invaso.
Abel era giovane, ma aveva dimostrato il suo valore sin da ragazzo. Per questo Oman, il suo comandante, gli aveva chiesto di mettersi al comando del drappello preposto alla difesa della sua casa e dei suoi ospiti. Sapeva che quella finestra comunicava con la sala dove stavano le donne, e fu felicemente intrigato da quello che era successo. Con la scusa di dover controllare la porta d’ingresso, attese che gli ospiti uscissero per cercare di individuare la ragazza dal viso angelico.
Fu il colore dello chador che gliela fece notare, tra la madre e una sorella maggiore. E se non fosse stato per quell’elemento, lui l’avrebbe notata ugualmente per lo sguardo furtivo che la ragazza gli aveva lanciato. Quegli occhi profondi e immensi come un’oasi del deserto, anche se visti per pochi istanti, non potevano essere più dimenticati.
«Chi è quell’uomo.» Chiese Abel al suo comandante, che aveva appena salutato il padre di Aisha.
«È mio cugino Kaled, un ricco mercante, uno dei nostri più importanti finanziatori. Grazie alle munizioni che ci ha donato, abbiamo vinto l’ultima battaglia.
Senza pensare a cosa facesse, Abel trascorse quasi tutta la sua licenza intorno alla casa di Aisha, nella speranza di vederla almeno passare con la solita scorta che imponevano i capi famiglia alle loro congiunte. Ma fu un’attesa inutile. Il giovane se ne stava andando quando notò un leggero movimento tra i rami dell’albero di cedri che si trovava alle spalle della grande casa. Fu con grande sorpresa che vide fra le foglie il dolce viso di Aisha. Era senza velo, con i lunghi capelli raccolti in una grossa treccia.
Il cuore del ragazzo stava per esplodere per l’immensa ed insperata felicità.
Se non avesse avuto il timore di comprometterla se qualcuno l’avesse scoperto, sarebbe saltato sul muro per parlare con lei. La capacità di trovare una valida soluzione all’istante, tipica del soldato di professione, gli fece notare che il tetto della casa a fianco del giardino era quasi della stessa altezza del muro. Di corsa lo raggirò e, senza farsi vedere da nessuno, in pochi minuti raggiunse il lastrico solare a qualche metro di distanza dai rami del cedro, dove si trovava la ragazza.
La timida Aisha lanciò un piccolo urlo di sorpresa, vedendo apparire la sua testa oltre il solaio. Ma la gioia di averlo rivisto era così grande che, nonostante fosse arrossita e avesse abbassato gli occhi, non scese dall’albero e attese che lui le parlasse.
Ebbero così la possibilità di conoscersi e di consolidare il fulmineo amore che era nato nei loro cuori. Abel, approfittando dell’affetto che Oman nutriva per lui, gli confidò di essere innamorato dell’ultimogenita di Kaled. Gli domandò di presentare la sua richiesta di matrimonio al padre della ragazza.
Oman, sapendo che il suo giovane subalterno era di umili origini e aveva come unico sostentamento la sua paga da soldato, cercò di dissuaderlo.
«Ti rendi conto che Kaled come dono nuziale pretenderà una dote che neppure io potrei pagare? Togliti quest’idea dalla testa e tieniti pronto a partire. Ho anticipato la nostra partenza per domani e dobbiamo organizzarci subito!.»
Nel cuore del ragazzo scese la tristezza, che si amplificò a causa delle lacrime di Aisha quando la sera gli raccontò dell’esito del suo dialogo con Oman. Si promisero eterno amore. Le loro mani si toccarono per la prima volta quando Abel promise che avrebbe fatto il possibile per guadagnare i soldi necessari per la dote e Aisha gli giurò che mai avrebbe amato nessun altro.

II
La festa che era sempre stata considerata di buon augurio da Aisha, poiché le aveva permesso di conoscere il suo innamorato, sarebbe stata invece promotrice di sventura.
Cadigia, l’anziana che tutte le donne ascoltavano con attenzione nella sala, era la sorella dello sceicco. Da quando era rimasta vedova, era ritornata a vivere nell’immenso palazzo dell’amato fratello.
La donna si era subito accorta di quanto fosse bella Aisha. Ne parlò al famoso fratello, che in precedenza l’aveva incaricata di cercargli una donna di buona famiglia da prendere come quarta moglie.
«Tra tutte le appartenenti delle famiglie più in vista della città, solo Aisha, la figlia di Kaled, ha tutti i requisiti per diventare tua moglie, fratello mio. È giovane, bella e proviene da un’onorata famiglia.»
«Aisha..» sussurrò il grasso sceicco sessantenne. «Il nome dell’ultima moglie del Profeta. Sarà di sicuro un buon auspicio, sorella. E il nome promette di regalare nuova linfa a me e alla mia casa.»
Grazie a quella rivelazione, lo sceicco Bedir mandò da Kaled dei testimoni con la richiesta di matrimonio. Essi avevano anche il compito di conoscere la dote che il padre della ragazza pretendeva per ottenere la mano della figlia.
Il mercante accolse con il dovuto rispetto gli ospiti illustri: uno dei due era un imam molto conosciuto e l’altro uno dei più influenti emiri dello Stato.
«Miei onorati signori, sono lusingato dalla richiesta con cui mi onora lo sceicco, ma la mia piccola Aisha, nonostante abbia già l’età per sposarsi, è ancora caratterialmente una bambina e non è all’altezza di diventare la moglie di un uomo tanto saggio e potente.»
«Alla sua età le donne già sono madri!» Rispose indignato l’emiro, di poco più anziano del suo amico sceicco. «Un tuo rifiuto porterebbe discordia tra te e il nostro potente signore. Non dimenticare che tu rifornisci di vari prodotti le tante aziende dello sceicco, che ti onora della sua fiducia. Se si dovesse incrinare questo rapporto, non sarebbe più possibile nessun accordo tra di voi.»
Dopo questa minaccia caddero le riserve che Kaled aveva per la differenza di età dei due e diede il suo consenso. Fedele alle tradizioni, nominò come testimone un suo parente che lavorava per lui per contrattare la dote della figlia con i due emissari. La contrattazione fu fatta all’istante poiché lo sceicco, fiducioso dell’opinione della sorella, aveva ordinato loro di accettare qualsiasi cifra..
Quando gli ospiti uscirono, Kaled chiamò la moglie Fatima ed Aisha, e comunicò loro il suo consenso alla richiesta di matrimonio dello sceicco. Fatima abbassò umilmente la testa e si preparò a spiegare alla figlia quali sarebbero stati i suoi doveri, mentre la fanciulla rimase impietrita.
«Mio buon padre» Cercò di protestare con le lacrime agli occhi. «Lo sceicco è molto anziano. Non puoi chiedermi di sposarlo!»
«Tu farai ciò che io ti ho detto. Ho dato già la mia parola e non la infrangerei neppure sotto tortura. Preparatevi, perché la data del matrimonio è prossima.»
Qualunque altra parola avrebbe inasprito l’uomo e non avrebbe cambiato la sua decisione. La moglie, cosciente di ciò, prese la figlia per la mano e le proibì di obiettare ulteriormente, trascinandola via.
«Figlia mia, ormai tuo padre ha promesso, non si può fare più nulla. Devi prepararti ad essere una buona moglie per lo sceicco, che sarà tuo marito ed anche padrone della tua vita. Se sarà scontenta di te, ti potrà scacciare riempiendoti di disonore, o anche farti del male fisico.»
«Ma io non lo amo, madre mia. Non posso sposare un uomo più vecchio di mio padre!»
«L’amore esiste solo nelle fiabe e l’età avanzata rende l’uomo saggio. Sii una buona moglie e una brava madre. Sono le uniche cose che la società ti chiede.»
Le lacrime versate da Aisha avrebbero fatto impietosire chiunque. Ma ottennero come unico risultato so di far irritare Kaled che, vedendo la figlia appassire ogni giorno di più, come un fiore reciso dal suo stelo, temette che Bedir la scacciasse dopo il matrimonio, riprendendosi la sua dote principesca e riempiendo lui e la sua famiglia di vergogna. L’uomo non si era reso conto di quanto fosse bella sua figlia. Lo sceicco ne rimase così affascinato da pretendere che subito dopo il rito nuziale la ragazza fosse preparata e accompagnata nella sua stanza da letto.
La servitù preparò accuratamente la ragazza per la sua prima notte di nozze, con annessa prova della sua verginità. Dopo averla lavata e profumata, le portarono preziosi vestiti da indossare. Un’ampia gonna turchese, il corpetto finemente decorato con perline, i preziosi orecchini di zaffiro, la collane, bracciali e bindi sulla fronte, facevano di Aisha una splendida odalisca.
Aisha piangeva sommessamente. Non riusciva a muoversi sopra i cuscini, dove due serve l’avevano adagiata. Lo sceicco la chiamò e le chiese di avvicinarsi. Ma lei era come paralizzata. L’uomo allora si alzò, la prese per un braccio e la scaraventò con forza sul letto. Fu così che Aisha da bambina divenne donna. Se non impazzì di dolore per quel trattamento brutale fu solo grazie al ricordo del viso sorridente di Abel.
Ciò che subì la povera ragazzina quella sera era solo l’inizio di una violenza che il saggio, potente e giusto sceicco perpetrò quotidianamente sul suo povero corpo. Stanco di quelli che definiva stupidi piagnistei, incominciò a malmenarla e a trattarla con sempre più sadica aggressività.
«Fin quando non imparerai a ubbidire a tuo marito e soddisfarlo in ogni suo desiderio, lui si sentirà in diritto di picchiarti e possederti come sta facendo.» Le disse la madre quando Aisha le si era confidata, mostrandole i numerosi ematomi e le cicatrici sul viso e sul corpo. Ma si rese amaramente conto di avere sperato inutilmente di trovare solidarietà in colei che l’aveva generata per una vita di fatto diventata un incubo infinito. Era troppo abituata a ubbidire passiva al marito, e non concepiva altri modi di vivere.
«Non ci riesco, madre. Mi fa orrore quell’uomo. E provo per lui solo disgusto.» Protestò tra le lacrime.
«È tuo marito, non ti permettere di parlare così!» La rimproverò la donna. «Se qualcuno ti sentisse e glielo riferisse, per te sarebbe la fine. Ti scaccerà come un cane con la rogna.»
«Credi che essere ripudiata sia un destino peggiore di quello che mi è stato assegnato? Anche la morte mi parrebbe una felice soluzione a confronto di questa vita da incubo che devo sopportare.» Singhiozzò.
«Tuo marito è saggio e benvoluto da tutti. Ogni cosa lui faccia verrà giustificato sempre e tu accusata di non essere una buona moglie.»
«È definito un uomo eccellente dagli uomini come mio padre! Per me è solo un vecchio maiale libidinoso.» Urlò sempre tra le lacrime la ragazza.
«Attenta a quello che dici. Per meno di questo delle mogli sono state bastonate dai mariti fino a morirne. Pensa a tua sorella maggiore. Ha sposato un uomo pressappoco dell’età di tuo marito. È gentile e ubbidiente e lo accontenta in tutto. E lui è sempre affettuoso con la giovane e bella moglie.»
«Solo le prostitute fanno questo con gli uomini che non amano! Io odio quell’uomo che ogni notte abusa di me nei più sadici dei modi. Questo non è amore o rapporto coniugale. Questa è violenza carnale!» Protestò con rabbia Aisha.
Proprio in quell’istante entrò il padre che ascoltò inorridito quelle parole.
«Come ti permetti di parlare così di tuo marito?» Si avvicinò e con uno schiaffo la scaraventò sul pavimento. «Piccola sgualdrina, non sei degna dell’onore che ti ha fatto quell’uomo sposandoti, e farà bene a insegnarti il rispetto con un bastone!.»
«Per te è giusto che mi violenti tutte le notti?» Rispose Aisha con la forza della disperazione, timorosa di essere colpita da un uomo, suo padre, che di fatto non era migliore del suo aguzzino.
«È tuo marito e può fare tutto quello che vuole di te. Si è più volte lamentato che tu sei disubbidiente. Sappi che se per caso dovesse ripudiarti, questa casa è chiusa per te.»


III
La ragazza sperimentò che anche quando si vive l’angoscia più grande della propria vita il tempo continua inesorabile il suo monotono cammino. Aisha era sempre più triste, e nessuno l’aveva mai vista sorridere da quando era andata a vivere nella casa dello sceicco.
Con il passare dei mesi e poi degli anni aveva cambiato atteggiamento. Invece di ribellarsi e cercare di sottrarsi a quello che tutti definivano un dovere coniugale, attendeva immobile che l’uomo finisse di usare il suo corpo, si alzava e a capo chino usciva dalla stanza, senza che lui potesse vedere la disperazione sul suo volto. L’unica cosa che aveva ottenuto con quell’atteggiamento remissivo era che lui non la picchiava più né la prendeva con violenza, confondendo la sua inerzia per un tacito consenso.
Ma dentro di lei la giovane era come morta. Non provava più nulla, né rabbia né dolore. Il nome postole alla nascita significava vivere, ma lei desiderava solo morire.
Tutti erano dispiaciuti che lei non desse un figlio allo sceicco, senza sapere che era il suo stato psichico debilitato a far sì che lei non restasse incinta e che, la forte depressione, presto l’avrebbe portata al suicidio o alla pazzia.
Per non affliggere la madre con il suo sconforto, non andava a trovarla più. Rifiutava di vedere sia il padre che i fratelli quando venivano a fare visita al potente marito. I suoi parenti l’avevano venduta. Non dovevano fare altro che approfittare della situazione per chiedere altri favori all’uomo sadico e meschino che le avevano imposto come marito.
Il vento della guerra e della disperazione si stava avvicinando ai confini della regione controllata dallo sceicco Bedir. Ciò causò molte preoccupazioni all’uomo e gioia ad Aisha, poiché spesso gli impegni politici tenevano il consorte lontano da casa per settimane. La sua era pur sempre una vita da prigioniera, ma almeno non doveva appagare i desideri sessuali del marito.
Il nemico si avvicinava inesorabilmente, e i migliori reparti dell’esercito locale furono richiamati in difesa della capitale. Con essi arrivò anche il battaglione comandato da Oman, di cui faceva parte l’ormai famoso ufficiale Abel.
Dalla sua postazione sul confine, il giovane ufficiale aveva saputo del matrimonio della sua amata, e come tanti innamorati aveva sofferto le pene dell’inferno. Con il tempo si era dovuto rassegnare all’inevitabile e, durante una licenza, si era sposato con una sua lontana cugina, la cui dote nuziale era alla sua portata.
Pur con la possibilità di una guerra imminente, Abel aveva accolto con piacere l’incarico di difendere le mura cittadine, poiché avrebbe avuto spesso la possibilità di tornare a casa e stare con la moglie e il figlio. In quegli anni aveva visto la famiglia solo durante brevi e rare licenze, e qualsiasi cambiamento era ben accetto.
Dovendo predisporre i suoi uomini per la difesa della città, Oman scelse Abel che era il migliore degli ufficiali suoi sottoposti per vigilare il palazzo residenziale dello sceicco. Nessuno avrebbe potuto immaginare che quella scelta avrebbe presentato dei risvolti inaspettati.
Grazie al suo ruolo di responsabile alla sicurezza, Abel aveva libero ingresso in tutte le stanze del palazzo - eccetto quelle riservate alle mogli del padrone di casa. Anche le vie di accesso, i corridoi e i giardini venivano controllati ogni giorno di persona dal diligente ufficiale. Fu in uno di questi giri di ispezione che l’uomo incrociò una donna coperta di veli che, come lo vide, si bloccò.
L’intento di Abel era quello di salutarla con un inchino e procedere dritto, per evitare di offendere l’illustre padrone di casa, importunando una parente. Ma lo sguardo di lei paralizzò anche lui. Riconobbe all’istante i grandi e luminosi occhi dell’unica donna che avesse mai amato.
«Aisha!» Sussurrò.
La ragazza non seppe trattenersi, lasciò cadere il velo, scoprendo il suo stupendo viso, e con le lacrime agli occhi corse ad abbracciarlo.
L’abbracciò durò solo pochi istanti, perché sentirono un rumore nella stanza vicina. Ritornarono sui loro passi, timorosi che qualcuno potesse leggere sui loro volti i sentimenti che provavano. Le lacrime non smettevano di scorrere dagli occhi arrossati della giovane donna, ma stavolta erano di felicità per il ritrovato amore. Anche per Abel l’incontro era stato sconvolgente. Ardeva dal desiderio di rivederla. Per troppi anni l’aveva desiderata, per troppi anni aveva sofferto per averla perduta.
Senza riflettere alle conseguenze per le loro azioni, approfittarono di una notte in cui lo sceicco era impegnato in uno dei tanti consigli di Stato. Si diedero appuntamento nel giardino attiguo alle stanze delle donne e si amarono con passione sotto il cielo stellato.
L’impeto con cui si amarono fece dimenticare loro ogni prudenza, e più di una donna, insospettita dai rumori, si accorse dei giovani amanti.
Lo sceicco fu informato del tradimento subito dopo il suo ritorno a casa.
Chiamò in gran segreto il suo colonnello e lo fece partecipe dell’accaduto. Il famoso militare si dichiarò dispiaciuto e destituì il suo ufficiale, e lo avvisò che avrebbe dovuto subire un processo.
Ma nessun giudice poté condannarlo poiché fu trovato il mattino dopo suicida nella sua stanza. Si era ucciso con la sua pistola di ordinanza, lasciando solo due righe di scusa alla moglie e al figlio. Alla vergogna della cacciata dall’esercito per ignominia aveva preferito la morte.
Per Aisha il percorso fu più lungo e doloroso. Ripudiata ufficialmente dal marito, fu tratta in prigione come l’ultima malfattrice, dove fu torturata e violentata a turno da chiunque volesse abusare di quella bellissima ragazza di soli diciassette anni. Venne processata con l’accusa di adulterio e, secondo la shari’a, fu condannata a morte mediante lapidazione.
Provenendo da una ricca famiglia, i parenti potevano intervenire in sua difesa presso il muftì, prima che quest’ultimo si pronunciasse per la sentenza definitiva, facendo convertire la pena con qualche anno di carcere.
Non solo il padre dichiarò di averla diseredata e di vergognarsi di essere stato parente di un’adultera, ma fu il primo a lanciare la pietra contro il suo stesso sangue.

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